Il Verde Nicosia, noto anche come Terra Verde di Cipro, è uno dei pigmenti naturali più antichi e apprezzati nella pittura murale. Con la sua tonalità verde tenue, è stato scelto fin dall’antichità per la capacità di creare sfondi equilibrati e preparazioni “a verdaccio” capaci di modulare chiaroscuri nei cicli affrescati. Oggi il Verde Nicosia torna in auge nei cantieri di restauro e nella bioedilizia, grazie alla sua compatibilità con malte calce‑sabbia e alla provenienza da fonti estrattive a basso impatto.
Origine ed Estrazione
Il Verde Nicosia nasce nel cuore dei Monti Troodos, a Cipro, dove le argille ricche di glauconite e celadonite si depositano da millenni in antichi bacini sedimentari. Gli artigiani, seguendo tradizioni tramandate di generazione in generazione, identificavano le vene più pure, quelle prive di impurità organiche o venature scure, e le estraevano manualmente, sminuzzando la roccia con mazze di ferro.
Dopo un’accurata essiccazione all’aria aperta – indispensabile per stabilizzare il minerale – la pietra verde veniva gradualmente ridotta in polvere mediante mulini di pietra locale. Questo lungo processo di macinazione, che alternava momenti di pressione con mazzuoli a fasi di pestaggio, consentiva di ottenere una granulometria finissima, perfetta per mescolarsi uniformemente all’intonaco fresco. A conclusione del ciclo, il pigmento veniva infine setacciato più volte, così da garantire l’assenza di particelle grossolane e preservarne l’omogeneità cromatica.
Storia e Usi Storici
Già in epoca ellenistica (III sec. a.C.), il Verde Nicosia compariva nei cicli pittorici delle architetture del Mediterraneo orientale, dove garantiva una base “a verdaccio” per i volti umani: uno strato sottile di verde, coperto da tinte più calde, permetteva di dosare chiaroscuri realistici.
Nel Medioevo e nel Rinascimento, grazie alle rotte commerciali veneziane, il pigmento varcò l’Adriatico ed entrò nelle botteghe italiane. Gli affrescatori lo impiegavano nelle cappelle e nei palazzi nobiliari per le sue doti di resistenza alla calce viva, all’umidità e ai sali minerali. Trattati tecnici d’epoca lo indicano come preferibile ai verdi a base di rame, più costosi e meno stabili.
Il Confronto con gli altri Verdi Naturali
In Italia il Verde Nicosia è rimasto un pigmento di nicchia, apprezzato per la sua tinta grigio‑verde equilibrata e l’eccellente resistenza alla calce viva, ma poco impiegato rispetto alle terre locali. La difficoltà di reperimento via rotte mercantili ne ha limitato l’uso, relegandolo a progetti specialistici e restauri d’élite.
A confronto, il Verde di Verona – con il suo kaki leggero ottenuto da argillite glauconitica – era il “verdaccio” per eccellenza negli affreschi rinascimentali, mentre il Verde Brentonico, più caldo e oliva, dominava nelle decorazioni rurali alpine. Pur offrendo un tono unico e sobrio, il Verde Nicosia non ha mai soppiantato these due classici italiani, che beneficiavano di cave vicine e di una tradizione artigianale consolidata.
Il Futuro del Verde Nicosia
Il Verde Nicosia si conferma oggi non soltanto un testimone delle antiche rotte commerciali e delle sapienze artigiane, ma anche un alleato prezioso per le sfide della bioedilizia contemporanea. La sua estrazione eco‑compatibile e la perfetta adesione alle malte calce‑sabbia lo rendono ideale per creare superfici murali capaci di “respirare”, regolare l’umidità interna e durare nel tempo senza ricorrere a leganti o additivi chimici. L’impiego del Verde Nicosia nei restauri filologici ha già dimostrato come un pigmento tradizionale possa sposarsi con criteri di sostenibilità, riducendo l’impatto ambientale dei cantieri e valorizzando un patrimonio di conoscenze che affonda le radici nei Monti Troodos.
Sorgenti e Approfondimenti: britannica.com – wikipedia.org – apps.lib.umich.edu – siviaggia.it – jacksonsart.com