Il verde di Scheele deve il suo nome al chimico svedese Carl Wilhelm Scheele, che nel 1775 mise a punto una polvere di un verde acido, quasi metallico, ottenuta dalla reazione tra solfato di rame e arsenito di sodio. Questo pigmento, brillante e luminoso come poche altre tonalità verdi dell’epoca, nasconde però nella sua essenza un avvertimento: è velenoso, ossia altamente tossico per l’uomo, perché contiene arsenico, un mortale elemento chimico.
Storia e Origini Del Verde di Scheele
Dalla Svezia del XVIII secolo, dove Scheele isolava il suo arsenito rameico in piccoli laboratori, il verde di Scheele si diffuse rapidamente nei circuiti artistici europei. Le particelle finissime, dai toni che spaziano dal verde prato al verde giallastro, venivano ricavate sciogliendo il solfato di rame in acqua calda e poi aggiungendo lentamente la soluzione arsenicale: il precipitato verde, raccolto, lavato e macinato, era pronto per la tavolozza. Lavorare questo pigmento in capannoni privi di ventilazione significava esporsi volontariamente a vapori letali, ma la brillantezza del colore compensava il rischio.
Utilizzi Storici
Tra il 1800 e il 1860 il verde di Scheele penetrò in molti ambiti decorativi. Nei paesaggi romantici, pittori di paesi come Inghilterra e Germania lo utilizzarono per sottolineare le luci lunari e gli spazi silvani, mescolandolo talvolta a terre naturali per smorzarne l’acidità. Le stamperie tessili britanniche lo adottarono per stoffe e sete dai riflessi freddi, mentre in casa vittoriana la carta da parati fiorata alzava un velo di arsenico tra le pareti: i vapori rilasciati nelle stanze umide causarono decine di casi di avvelenamento cronico, fino a spingere alcuni medici a sospettare che parte dei malori notturni in quegli anni fosse dovuta proprio a questo colore.
Produzione e Rischi
La semplicità della preparazione artigianale – rame, arsenico e acqua – celava un’arma a doppio taglio. Bastava una minima dispersione di polvere o qualche goccia di condensa per liberare arsenico nell’aria. Le prime normative sanitarie, alla metà dell’Ottocento, costrinsero a denunciare pubblicamente i pericoli: “Il verde di Scheele è velenoso”, recitavano i manifesti, invitando ad abbandonarlo. Velenoso, in italiano, vuol dire «contiene veleni», «può causare malattia o morte», e fu proprio questa etichetta a determinarne il rapido declino.
L’Evoluzione del Verde di Scheele
Con il verde di Scheele ormai entrato nel folklore della tossicologia pittorica, si cercarono pigmenti meno insidiosi. Il verde di Parigi, un altro arsenico più stabile, ebbe vita breve, e fu infine soppiantato dal viridiano, a base di ossido di cromo, più sicuro e duraturo. Oggi il verde di Scheele è uno spettro cromatico riservato ai restauratori che ricercano la fedeltà storica nelle opere d’arte e agli artigiani documentaristi che riproducono antiche formule, consapevoli di lavorare con un colore che ha illuminato i secoli ma ha richiesto un tributo in salute.