• Pigmenti Colorati

Tutti i Principali Pigmenti Colorati

dalla Preistoria alla Chimica Moderna

Il viaggio alla scoperta dei pigmenti comincia dalle pareti umide delle caverne paleolitiche, dove l’uomo impastava l’ocra con grassi animali per fissare le ombre dei suoi riti, fino ai laboratori moderni, dove spettroscopie a infrarossi e diffrazioni di raggi X svelano la struttura atomica di minerali millenari. Per millenni, ogni tonalità è nata esclusivamente dall’estrazione di argille ricche di ossidi, dalla macinazione di carboni e manganese o dalla polverizzazione di pietre calcaree e gessose, procedimenti sapienti che le prime civiltà trasmisero con la parola e con il gesto, mescolando materie e inventando impasti capaci di resistere al tempo e agli agenti atmosferici.

La vera svolta nel campo dei pigmenti inorganici avvenne nel 1707 con il Blu di Prussia, scoperto quasi per caso a Berlino e caratterizzato da un complesso ferro-cianidrico la cui intensa colorazione permise di creare toni mai visti prima, più stabili alla luce e alle intemperie rispetto ai lapislazzuli o all’azzurrite. Questo pigmento segnò l’alba di un’era in cui la chimica iniziava a superare i limiti di ciò che la natura offriva, pur restando ancora legata a processi di sintesi semplici e spesso casuali. Nei decenni successivi, la ricerca di alternative meno tossiche al bianco di piombo portò alla messa a punto di carbonati naturali e di primi cromati, mentre il Settecento vide la nascita di gessi e diterre più pure, grazie anche agli studi pionieristici sulla termogravimetria che misuravano la stabilità termica dei materiali.

Tuttavia, fino al 1856 – anno in cui William Perkin isolò la malvaine, primo colorante organico di sintesi – i grandi pittori e i muratori del mondo continuavano a dipendere da ciò che la geologia locale offriva. Ogni regione costruiva schemi cromatici distinti: tra le Sabbie marine calabresi, le argille rosse irpine, le terre gialle di Siena, i basalto etnei, i marmi di Carrara e le concrezioni ossidate del Brentonico, nacquero palazzi, chiese e tele caratterizzati da un lessico di colori riconoscibile e duraturo. La manualità dell’artigiano si univa alla conoscenza empirica delle cave, e l’esperienza consolidata di generazioni definiva proporzioni e tempi di riposo del pigmento, misurati non in ore ma in stagioni, perché il clima determinava l’essiccazione e la fissazione del colore.

Con l’affermarsi della chimica industriale, la gamma dei pigmenti si ampliò in modo esponenziale: tonalità brillanti e uniformi cominciarono ad affiancare quelle naturali, ma il dialogo diretto tra geologia e mano dell’uomo si fece più labile. Le composizioni iniziarono a essere codificate per formula chimica, perdendo in parte il legame con la fonte minerale che conferiva a ogni pigmento sfumature uniche. Questa classificazione, ispirata alla grande ricerca “Chimica dei Pigmenti”, ci permette di presentare dati sperimentali e confronti storici sulle terre naturali e sui pigmenti in un quadro visivo coerente, senza disperdere il lettore in dettagli puramente strutturali. L’Università di Ferrara, con la sua ricerca ha catalogato e analizzato oltre cinquanta pigmenti, fornendo le coordinate chimico-strutturali e le misure di resistenza che sostengono ogni descrizione.

La Lista dei Pigmenti Rossi

MINIO

ORIGINE: Naturale

Conosciuto nel mondo della ricerca come Minio e tradizionalmente chiamato “cinabro” o “vermilione”, questo pigmento è costituito da solfuro di mercurio (HgS) in forma trigonal‑roombica. I giacimenti più antichi si trovano ad Almaden in Spagna e nella regione della Colchide, dove il minerale veniva estratto, frantumato e sottoposto a sublimazione a secco intorno ai 580 °C – un processo affinato a Venezia fin dal XVI secolo – oppure trattato con metodi umidi che attenuavano leggermente l’intensità del rosso, offrendo sfumature più delicate. Nel Rinascimento il Minio divenne simbolo di lusso: lo si ritrova in manoscritti miniati, affreschi veneziani e dettagli dorati delle chiese, sempre apprezzato per la sua brillantezza e la capacità di resistere al tempo senza scolorire

SINOPIA

ORIGINE: Naturale

La Sinopia, o “terra di Sinope”, è un pigmento rosso-mattone costituito da una miscela naturale di ematite e goetite, estratto nel Ponto (Turchia). Romani e bizantini la ritenevano così pregiata da imporne la vendita con sigillo di autenticità. Il materiale veniva lavorato macinando le rocce fino a ottenere polveri uniformi, poi setacciate e talvolta lavate per eliminare impurezze. Impiegata sia come pigmento finale sia come fondo preparatorio per i disegni (da cui deriva il termine “sinopia” per i cartoni degli affreschi), offre toni che vanno dal mattone chiaro all’intenso rosso scuro ed è documentata in numerosi siti archeologici e palazzi storici.

ROSSO POZZUOLI

ORIGINE: Naturale

La Terra rossa di Pozzuoli proviene dall’arenaria rosata delle colline flegree, ricca di ossidi di ferro e carbonati. Dopo l’estrazione, la pietra veniva frantumata, macinata in mulini a pietra e setacciata fino a granulometrie estremamente fini. Il pigmento risultante, dal delicato tono salmone, è menzionato nei documenti medievali come soluzione preferenziale per rivestimenti di chiese e palazzi nobiliari in Campania, grazie alla sua resa morbida e all’effetto cangiante con la luce mediterranea

TERRA DI SIENA BRUCIATA

ORIGINE: Naturale

La Terra di Siena bruciata deriva dalla calcinazione controllata di una terra gialla naturale contenente goetite e tracce di manganese, estratta dalle colline del Chianti. Nel processo originale, i blocchi di terra venivano cotti in forni a basse temperature (circa 600–800 °C), trasformando i minerali in una polvere fine dal rosso intenso. La ricerca padovana ne evidenzia l’elevata concentrazione di ossidi di ferro (4–6 %) e la stabilità cromatica alle variazioni climatiche. Utilizzata sin dal XV secolo nelle botteghe di Siena e Firenze per velature, stucchi e decorazioni parietali, questa terra è ancora oggi scelta nei restauri di affreschi grazie alla sua capacità di mantenere vivo il calore del colore senza alterazioni nel tempo.

EMATITE

ORIGINE: Naturale

L’Ematite è un ossido di ferro (α‑Fe₂O₃) che conferisce tonalità che variano dal rosso mattone al porpora intenso. Si ottiene macinando finemente rocce e terreni ricchi di ematite, come quelli di Pozzuoli e del Fiorentino: la materia prima viene lavata, macinata con mole a sfera e setacciata per garantire granulometrie regolari. Grazie alla sua elevata stabilità alla luce, all’umidità e agli agenti atmosferici, l’ematite è stata impiegata fin dalle pitture rupestri dell’età preistorica, nelle miniature egizie su papiro e poi nelle pitture murali medievali. Nel Rinascimento fiorentino il pigmento veniva miscelato con leganti naturali – gomma arabica, uovo o latte – per tempere e affreschi, conferendo alle superfici un rosso sobrio ma duraturo.

ROSSO VENETO

ORIGINE: Naturale

Il “Rosso Veneto” nasce lungo le anse dei fiumi che solcano i Colli Euganei, dove l’argilla si tinge di ruggine grazie agli ossidi di ferro che scorrono nel terreno. Dopo la raccolta, la terra si stende al sole per qualche giorno, in modo che vento e pioggia portino via le impurità più grossolane; poi la si rompe in piccoli pezzi e la si riduce a polvere in mulini di pietra, fino a ottenere una finitura setosa. Il Rosso Veneziano invece nasce nel XVIII secolo da un procedimento di ossidazione controllata di idrossidi di ferro (ottenuti da vetriolo verde) miscelati con grassello di calce. Il risultato è un pigmento con particelle finissime che creano un film compatto, resistente alle intemperie e capace di mantenere una tonalità calda e uniforme su ampie superfici, rendendolo particolarmente adatto per intonaci esterni e decorazioni architettoniche.

ROSSO DI MARTE

ORIGINE: Sintetica

Il Rosso di Marte è un ossido di ferro sintetico (Fe₂O₃) ottenuto precipitando solfati ferrosi e calcinandoli a temperature comprese tra 700 e 900 °C. Il processo controllato produce cristalli romboedrici dal rosso brillante, con granulometria calibrata per garantire uniformità e stabilità. Introdotto nel Settecento, venne rapidamente adottato dagli artisti per la sua purezza cromatica e la resistenza alla luce, offrendo un’alternativa più costante rispetto alle terre naturali soggette a variabilità geologica. Lo Scarlatto di Marte è una variante del Rosso di Marte ottenuta attraverso un ciclo di calcinazione prolungato e un controllo accurato della composizione chimica, che ne potenzia la stabilità termica e chimica.

ROSSO DI CADMIO

ORIGINE: Sintetica

Il Rosso di Cadmio (CdS·xCdSe) è un solfuro-seleniuro di cadmio sviluppato agli inizi del XX secolo. Il rapporto cadmio‑selenio controlla la sfumatura, che varia dall’aranciato al rosso vivo. Grazie all’elevata opacità, alla stabilità alla luce e alla compatibilità con leganti moderni, è diventato uno dei pigmenti rossi più utilizzati in pittura artistica e in intonaci di pregio, garantendo colori intensi che non virano col tempo.

La Lista dei Pigmenti Gialli

OCRA GIALLA

ORIGINE: Naturale

L’argilla dalle tonalità calde che chiamiamo “ocra gialla” nasce in luoghi dove l’acqua e il ferro collaborano a disegnare sedimentazioni colorate: grotte paleolitiche, coste laziali o argini fluviali. Qui, una miscela di goetite e limonite (FeO(OH)·nH₂O) si accumula nel corso dei millenni, formando strati argillosi che, una volta estratti, vengono lasciati a riposo in vasche riempite d’acqua per far sedimentare sabbie e impurità. Il passaggio successivo in mortai di pietra, alternato a setacciature sempre più fini, garantisce una polvere morbida e omogenea, pronta per essere essiccata all’ombra o a bassa temperatura nel forno di un laboratorio artigianale. È questa cura nei dettagli, tramandata di generazione in generazione, che rende l’ocra gialla resistente a luce, umidità e muffe – un pregio scoperto sulle pareti delle prime pitture rupestri e col tempo adottato in papiri egizi, affreschi medievali e stucchi rinascimentali, dove la sua tenue brillantezza ha contribuito a creare effetti di profondità impossibili da ottenere con altri pigmenti.

TERRA DI SIENA NATURALE

ORIGINE: Naturale

Ricevendo la luce delle colline del Chianti, l’“Ocra di Siena naturale” nasce da argille impregnate di goetite e tracce di manganese (meno del 3 %) che conferiscono quel caldo giallo terra. Una volta estratta, la terra veniva ripulita da detriti e pietrisco, lavata abbondantemente, poi macinata in mulini di pietra e infine setacciata. Gli artigiani del Trecento e del Quattrocento la miscelavano a grassello di calce o a leganti organici per creare stucchi e velature, apprezzandone la resa morbida e la capacità di uniformarsi alla pietra serena e al cotto toscano. Nei restauri moderni degli affreschi rinascimentali, la sua purezza cromatica e la stabilità all’umidità continuano a renderla insostituibile, confermando la sua rinomanza centenaria.

ORPIMENTO

ORIGINE: Naturale

Solfuro di arsenico (As₂S₃), l’“Orpimento” si ricava da giacimenti storici in Asia centrale e nelle Alpi, dove grandi cristalli vengono estratti, lavati ripetutamente e poi macinati in bronzine o mortai di pietra fino a polveri impalpabili. Nonostante la sua tossicità, l’orpimento ha illuminato manoscritti persiani, miniature medievali europee e affreschi rinascimentali grazie al suo giallo dorato intenso, che imitava l’oro con maggiore economicità. Col tempo, la pericolosità delle sue polveri ha suggerito l’uso di alternative, ma per secoli fu l’unico modo per ottenere una gamma di gialli così caldi e saturi.

GIALLO DI NAPOLI

ORIGINE: Sintetica

Il “Giallo di Napoli” è un pigmento di sintesi a base di antimonato di piombo (Pb₂Sb₂O₇) che fu messo a punto tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo nei laboratori veneziani e napoletani. La ricerca padovana ne descrive la preparazione classica: fusione di piombo e ossido di antimonio a circa 950 °C, lento raffreddamento in forni ermetici, frantumazione e lavaggi ripetuti in acqua corrente per eliminare ultrascopiche particelle di scorie . Il pigmento risultante, con cristalli di dimensione media tra 10 e 30 µm, offre un’opacità elevata e una brillantezza opaca che lo hanno reso celebre nelle tele dei vedutisti veneziani e nei paesaggi dei pittori napoletani, oltre che nei sontuosi decori barocchi di chiese e palazzi. Grazie alla sua resistenza alla luce e alla coesistenza armoniosa con altri colori – in particolare i verdi e i rossi sovrapposti – il Giallo di Napoli rimase un punto fermo delle tavolozze artistiche fino all’arrivo di pigmenti cromaticamente più stabili. Oggi, pur sostituito in parte da alternative meno tossiche, viene ancora prodotto secondo ricette storiche per interventi di restauro filologico, confermando la sua durabilità e la capacità di restituire alle superfici quel giallo intenso e compatto apprezzato dai maestri dell’arte.

GIALLO DI CROMO

ORIGINE: Sintetica

Il “Giallo di cromo” (PbCrO₄) nasce dalla reazione controllata tra solfato di piombo e cromato di sodio in soluzione acquosa, con pH e temperatura calibrati per modulare sfumature che vanno dal giallo pallido al verde oliva. Introdotto negli ultimi decenni del Settecento, questo pigmento surclassò rapidamente il Giallo di Napoli per la sua superiore resistenza ai raggi UV e all’umidità, diventando uno standard per decorazioni industriali, pitture a calce e vernici artistiche. La sua brillantezza e durata lo hanno reso elemento irrinunciabile nei cantieri di restauro e nelle produzioni di alta qualità fino all’avvento delle nanotecnologie pigmentarie.

GIALLO DI MARTE

ORIGINE: Sintetica

Il Giallo di Marte nasce in laboratorio mescolando solfati di ferro con una base e poi riscaldando la miscela fino a ottenere un ossido giallo brillante. In pratica, si parte da un liquido torbido che, riscaldato con calma, lascia evaporare l’acqua e trasforma i sali in piccole particelle di ossido di ferro. Queste particelle vengono ripulite, lavate e macinate finissime, fino a ottenere una polvere dal caldo tono dorato. A differenza delle terre gialle estratte in cava, il Giallo di Marte mantiene sempre la stessa sfumatura, senza variazioni tra un lotto e l’altro. Chi lo usa in pittura apprezza la sua stabilità alla luce e la facilità con cui si miscela a oli, calce o gomme naturali, rendendolo ideale per velature uniformi e per restauri in cui serve un giallo sempre identico.

GIALLO DI CADMIO

ORIGINE: Sintetica

Negli anni Venti del Novecento, il Giallo di Cadmio emerse come una svolta per chi dipingeva: bastava mescolare sali di cadmio con zolfo in acqua per vedere nascere una polvere dal giallo così intenso da ricordare il sole a mezzogiorno. I cristalli che si formavano venivano ripuliti con cura, lavati fino a eliminare ogni traccia di impurità e poi macinati finissimi, pronti per essere spalmati sulla tela. Quel giallo caldo, opaco e resistente alla luce divenne subito il preferito di pittori e illustratori, perché non sbiadiva né ingrigiva col passare del tempo. Perfetto per tocchi accesi o ampie campiture solari, ha sostituito in molti studi le tradizionali terre gialle, offrendo una tonalità pura che sembra non esaurirsi mai.

GIALLO DI COBALTO

ORIGINE: Sintetica

Il Giallo di Cobalto è nato nel 1852 quando Wöhler scoprì che mescolando sali di cobalto con nitrito di potassio in un ambiente leggermente acido si otteneva un precipitato giallo crema. Dopo averlo lavato con cura e lasciato asciugare, si ricavava una polvere fine, dal tono tenue e delicato, perfetta per dipinti su tela ma inadatta agli intonaci freschi, dove il calore di maturazione poteva alterarne il colore. Questo giallo, pur resistente alla luce, mostrava una certa fragilità alle alte temperature e richiedeva maneggiamento attento a causa della tossicità del cobalto. Col tempo è stato gradualmente sostituito da pigmenti più brillanti e sicuri, rimanendo tuttavia un esempio interessante di come la chimica ottocentesca ampliasse le sfumature a disposizione degli artisti.

La Lista dei Pigmenti Blu

AZZURRITE

ORIGINE: Naturale

Nata dove le vene di rame incontrano aria e acqua, l’Azzurrite (Cu₃(CO₃)₂(OH)₂) si raccoglie in vene superficiali di antiche miniere, come quelle di Chessy in Francia o nel Sud‑Ovest degli Stati Uniti. Dopo aver staccato i grossi massi dall’argilla circostante, i blocchi vengono frantumati e ripuliti da solfati e gessi con ripetuti lavaggi, quindi ridotti in polvere finissima mediante molazze di pietra o mulini a sfere. Il risultato è un blu che va dal tenue celeste al turchese intenso, tonalità sfruttata sin dall’Antico Egitto e poi nei manoscritti medievali, prima di essere gradualmente soppiantata dall’oltremare. Il suo pregio? Una brillantezza naturale che resiste all’umidità e alla luce.

BLU OLTREMARE (LAPISLAZZULI)

ORIGINE: Naturale

Introdotto in Europa dall’Asia centrale, il Lapislazzuli (Na₈–₁₀Al₆Si₆O₂₄S₂–₄) proviene soprattutto dalle montagne afghane di Badakhshan. Qui, rocce azzurrine punteggiate di pirite vengono selezionate a mano, spezzate in frammenti puri, lavati per eliminare le scaglie di calcite e infine schiacciate in mortai fino a una polvere finissima. Questo blu profondo, impreziosito da riflessi dorati, divenne il “vero oltremare” dei maestri rinascimentali, utilizzato da Raffaello e Perugino per conferirgli una qualità quasi ultraterrena.

BLU EGIZIO

ORIGINE: Sintetica

Il Blu Egiziano è stato il primo colore creato dall’uomo. Non si trovava in natura, ma veniva “fatto” con una miscela semplice: sabbia, rame, calcare e un po’ di soda. Bastava mescolarli bene e cuocerli a lungo in un forno a legna. Quando il calore era sufficiente – si arrivava attorno ai novecento gradi – la massa si trasformava in un vetro colorato, che veniva poi pestato, lavato e setacciato. Ne usciva una polvere azzurra, chiara e luminosa, che gli egizi usavano ovunque: sui muri, sulle statue, nei gioielli. Non si rovinava facilmente e resisteva bene alla luce. Col tempo, anche greci e romani iniziarono a usarlo. Nonostante sia nato migliaia di anni fa, ancora oggi resta un esempio di come una scoperta artigianale possa durare nei secoli.

BLU DI PRUSSIA

ORIGINE: Sintetica

Scoperto a Berlino nel 1707, il Blu di Prussia fu il primo pigmento moderno prodotto interamente in laboratorio. Si ottiene facendo reagire sali di ferro con ferrocianuro di potassio, da cui precipita un complesso ferro‑cianidrico (Fe₄[Fe(CN)₆]₃). Il composto veniva raccolto, lavato e macinato, risultando in una polvere molto fine (5–15 µm), dal tono blu profondo, tendente al nero in strati spessi. Estremamente economico e facile da produrre, fu usato massicciamente nel XIX secolo, anche per tinte da stampa, carta da parati e uniformi. È un pigmento stabile alla luce, ma sensibile ad ambienti acidi.

BLU COBALTO

ORIGINE: Sintetica

Nato come rivestimento ceramico, lo smalto di cobalto (CoAl₂O₄) si ottiene fondendo ossido di cobalto e allumina a temperature superiori a 1.200 °C. Il vetro azzurro risultante viene spezzato, lavato e ridotto in polvere, producendo un blu intenso, saturo e stabile al calore, che nel Medioevo islamico decorava piastrelle e stoviglie in tutta l’area mediterranea. Derivato dallo stesso principio dello smalto, il blu cobalto si perfezionò nel XIX secolo quando artigiani europei introdussero una seconda calcinazione a 900 °C prima della fusione definitiva. Il pigmento così ottenuto, con granulometria controllata sotto i 5 µm, divenne popolare tra Monet e Gauguin per il suo blu brillante, opaco e resistente all’invecchiamento.

OLTREMARE SINTETICO

ORIGINE: Sintetica

L’Ultramarino Sintetico venne sviluppato nel primo Ottocento per sostituire il lapislazzuli. A partire da una miscela di caolino, carbonato di sodio, zolfo e carbone, il pigmento viene prodotto con una doppia cottura: prima in ambiente riducente a circa 750 °C e poi in fase ossidante. Il risultato è un solido cristallino blu intenso, molto simile per struttura e composizione al naturale (Na₈–₁₀Al₆Si₆O₂₄S₂–₄). Grazie al costo contenuto e all’elevata resistenza alla luce, l’ultramarino sintetico ha avuto un’enorme diffusione nell’arte, nella stampa e nei rivestimenti decorativi, diventando un blu “universale”.

CERULEO

ORIGINE: Sintetica

Il Ceruleo si forma da una reazione ad alta temperatura tra ossido di cobalto e ossido di stagno (Co₂SnO₄). Il risultato è un pigmento azzurro‑verde particolarmente opaco, molto stabile e insensibile all’invecchiamento. Il tono è più chiaro e freddo rispetto al blu cobalto classico. Fu adottato per la prima volta nei pigmenti ceramici di Sèvres, e nel XIX secolo entrò anche nella pittura d’arte, in particolare per cieli e paesaggi. La sua diffusione fu agevolata dalla resistenza a luce e agenti atmosferici, rendendolo ideale anche per uso esterno.

La Lista dei Pigmenti Verdi

VERDE BRENTONICO

ORIGINE: Naturale

Il Verde Brentonico deve il suo caratteristico tono muschio alle venature di ferro e magnesio che, sulle pendici del Monte Baldo, si impastano a tracce di rame formando un silicato idrato (formula generale (Fe,Mg)₆(Si₄O₁₀)(OH)₈). Nel Medioevo le cave di Brentonico erano già celebri: i blocchi estratti venivano puliti da calciti e argille fini, quindi polverizzati in mulini a sfere e macinati a umido fino a particelle di 5–15 µm. Questo processo di purificazione garantiva un verde resistente alla luce, all’umidità alpina e ai cicli di gelo‑disgelo, qualità che lo rese il favorito per le decorazioni interne e i cicli pittorici di castelli e chiese nobiliari del Trentino.

TERRA VERDE VERONA

ORIGINE: Naturale

La “terra verde” tradizionale nasce da micacei minerali di celadonite e glauconite (K(Mg,Fe)(Si₄O₁₀)(OH)₂), tipici di sedimenti vulcanici e marini come quelli di Colle Val d’Elsa e della pianura veronese. Dopo l’estrazione, le rocce venivano spezzate, lavate per separare sabbie e carbonati e macinate a umido fino a granulometrie attorno ai 20 µm. Il risultato era sempre un verde pallido, leggermente grigiastro o oliva, che ben si prestava a velature trasparenti negli affreschi antichi e ai decori murali di epoca classica e medievale

MALACHITE

ORIGINE: Naturale

La Malachite è un carbonato basico di rame (Cu₂CO₃(OH)₂) che si forma in vene secondarie di giacimenti ricchi di rame, come quelli degli Urali o del Congo. I frammenti più puri venivano selezionati, sottoposti a ripetuti lavaggi per togliere impurità di cuprite e crisocolla, e infine macinati in mortai di pietra fino a ottenere polveri inferiori a 10 µm. Il verde brillante e leggermente bluastro della malachite ha decorato tombe e sarcofagi egizi, palazzi bizantini e affreschi rinascimentali, spesso miscelata con leganti naturali per esaltarne la lucentezza e la profondità del colore.

VERDERAME

ORIGINE: Sintetico

Il Verdigris, noto fin dall’Antico Egitto, è in realtà un acetato di rame idrato (Cu(CH₃COO)₂·nH₂O) ottenuto lasciando fogli di rame o ottone a contatto con aceto o vinacce. Il precipitato verde azzurrino veniva raschiato, lavato e asciugato a circa 45 °C, producendo un pigmento di grande brillantezza. Nel Medioevo ebbe larga fortuna nei manoscritti miniati e nelle pitture murali, benché la sua tendenza a scurire o virare al giallo in ambienti umidi lo abbia reso talvolta insidioso negli interventi a lungo termine. Per ridurre i costi del minerale, fin dal Quattrocento si produsse il Verditer precipitando solfato di rame con calce o carbonato di potassio, ottenendo un carbonato di rame sintetico (3CuCO₃·Cu(OH)₂).

VERDE DI SCHEELE

ORIGINE: Sintetico

Il Verde di Scheele è nato quasi per caso nel 1778, quando Carl Wilhelm Scheele provò a mescolare a caldo solfato rameoso e carbonato di sodio. Dal liquido, a circa 90 °C, si formò un precipitato di un verde così acceso da sembrare quasi innaturale. Quei cristalli di arsenito di rame vennero raccolti, ripuliti con ripetuti risciacqui per togliere ogni traccia di sale e infine fatti asciugare all’ombra, fino a ottenere una polvere finissima dal riflesso giallo‑verde. In pochi anni, il pigmento conquistò le botteghe, trovando posto nei manoscritti miniati e sulle pareti affrescate dei palazzi, dove la sua energia cromatica lasciava senza fiato. Ma il suo splendore era ingannevole: già agli inizi dell’Ottocento ci si accorse che quella bellezza portava con sé sostanze pericolose. La scoperta della tossicità dell’arsenico ne fermò l’uso e spinse gli artisti a cercare alternative più sicure. Il verde di Scheele rimane la testimonianza di un’epoca in cui la chimica sperimentale ampliava la tavolozza con risultati incredibili, ma metteva anche alla prova la salute di chi li maneggiava.

VERDE EGIZIO

ORIGINE: Sintetico

Il Verde Egizio riprende la formula vetrosa del Blu egizio, ma con rapporto silice:calce:rame modificato (circa 5:2:2) e tempra a 900–950 °C in forno riducente. Ne emergono vetrine verdi-oliva o turchesi, documentate nelle pitture tombali di Nefertari (ca. 1200 a.C.) e poi replicate in epoca romana e rinascimentale. Il pigmento, una miscela di vetro e cuprowollastonite, veniva macinato e lavato per estrarre scorie, restituendo un verde vetroso insolubile e duraturo.

OSSIDO DI CROMO VERDE

ORIGINE: Sintetico

Introdotto all’inizio dell’Ottocento, l’Ossido di Cromo Verde (Cr₂O₃) deriva dalla calcinazione di dicromato di potassio con acido borico e zolfo a circa 1 000 °C, seguita da macinazione secca finemente controllata (1–5 µm). È il più stabile tra i verdi, inalterabile a luce, calore e acidi forti, e venne adottato in porcellane di Sèvres già dal 1800, poi diffusosi rapidamente nelle vernici industriali e artistiche a partire dal 1835. Verso il 1838 a Parigi si mise a punto il Viridian (Cr₂O₃·2H₂O), ottenuto riscaldando lentamente un cromato alcalino con acido borico fino a riduzione, quindi idratando il prodotto e lavandolo in acqua calda per rimuovere sali solubili

VERDE DI COBALTO

ORIGINE: Sintetico

Il Verde di Cobalto (Co₂SnO₄) comparve sulla scena dei pigmenti verdi nel primo Ottocento, quando i ceramisti di Sèvres cercavano un’alternativa meno costosa alla malachite. Ottenuto fondendo ossido di cobalto con ossido di stagno a circa 1 200 °C, il risultato è una pasta vetrosa che, una volta macinata e lavata, restituisce un verde intenso, opaco e resistente al calore e alla luce. Era particolarmente apprezzato nelle porcellane e nei smalti, ma trovò presto impiego anche nelle pitture architettoniche, dove la sua stabilità chimica lo rese superiore alle miscele di rame. Ancora oggi, chi restaura stoviglie antiche o intonaci ceramici lo usa per ricreare fedelmente i toni originali delle decorazioni neoclassiche.

La Lista dei Pigmenti Neri

NERO DI VITE

ORIGINE: Naturale

Il Nero di Vite è uno dei pigmenti più antichi della storia europea. Si ottiene dalla combustione lenta dei tralci secchi della vite, ridotti in carbone, poi pestati e setacciati fino a ottenere una polvere molto fine, dal tono profondo ma opaco. In pittura veniva miscelato con leganti acquosi o a base d’uovo, spesso usato nelle ombreggiature o come nero da disegno. Se ben preparato, resiste nel tempo senza viraggi cromatici. Era comune nelle botteghe medievali e ancora citato nei manuali del Settecento come uno dei neri vegetali più affidabili.

NERO D’OSSA

ORIGINE: Naturale

Il Nero d’Ossa si produce riscaldando in assenza d’aria ossa animali selezionate, che vengono prima essiccate, poi calcinati e infine macinati. A differenza dei neri vegetali, questo pigmento ha un colore freddo, tendente al grigio‑bluastro, ed è molto coprente. Viene spesso usato per ombre profonde, fondi e grisaglie. La sua natura inorganica gli conferisce un’ottima stabilità alla luce, ma può contenere tracce di fosfati e carbonati che ne alterano leggermente l’assorbimento.

NERO CARBONE

ORIGINE: Naturale

Il Nero Carbone è ricavato dalla fuliggine. Questa fuliggine si ottiene raccogliendo i residui della combustione lenta della legna in camini o fornaci. Una volta raccolta, viene setacciata, lavata e lasciata asciugare fino a formare una polvere nera leggerissima, spesso impiegata come nero da disegno. Il colore tende a essere meno profondo rispetto ai pigmenti a base di carbone pressato, ma ha una buona resa su carta e supporti porosi.

NERO DI NOCCIOLI

ORIGINE: Naturale

Prodotto a partire dai gusci duri delle nocciole, il Nero di Noccioli veniva ottenuto carbonizzando lentamente il materiale in assenza d’aria, fino a trasformarlo in una polvere nera leggera e uniforme. Il colore tende a un nero caldo, con leggeri riflessi bruni, e risultava particolarmente adatto per velature scure o fondi neutri. Non era raro trovarlo nei laboratori di pittura ad affresco e nelle miniature, anche per la sua facilità di reperimento e lavorazione. Simile a questo nero nella preparazione, il Nero di Sughero si ricava invece dalla combustione del sughero naturale, che viene prima sminuzzato e poi arrostito lentamente in contenitori chiusi.

TERRA OMBRA DI CIPRO

ORIGINE: Naturale

Su un’isola baciata dal Mediterraneo cresce una delle polveri più scure e misteriose: la Terra d’ombra di Cipro. Raccolta da depositi argillosi ricchi di ossidi di ferro e manganese, la materia grezza viene lasciata asciugare all’aria aperta fino a perdere ogni traccia d’umidità. Poi, con pazienza, i blocchi si riducono in piccoli frammenti, si setacciano e si macinano in mortai di pietra, finché non si ottiene una polvere sottilissima, dal colore intenso che oscilla tra il marrone caldo e il quasi nero. In bottega la si usa per aggiungere profondità alle ombre, perché il suo tono morbido e leggermente dorato si fonde senza spigoli con gli altri colori. Nelle antiche chiese bizantine di Nicosia era scelta per i contorni dei bassorilievi, mentre ancora oggi pittori e restauratori la adorano per la sua tenuta alla luce e per quel tocco di calore che nessun nero sintetico riesce a imitare.

NERO FUMO

ORIGINE: Sintetica

Il Carbon Black si forma bruciando idrocarburi pesanti (come oli minerali) in carenza d’ossigeno, producendo particelle sferiche di dimensioni microscopiche. Questo processo industriale, sviluppato nell’Ottocento, genera un nero molto intenso, stabile e uniforme. Il pigmento è opaco, resistente alla luce e largamente impiegato in vernici, inchiostri, plastica e pitture murali. A seconda del processo (canal, furnace, acetylene), può variare in granulometria e opacità.

NERO DI LAMPADA

ORIGINE: Sintetica

Antico predecessore del carbon black, il Nero di Lampada si ottiene raccogliendo la fuliggine prodotta da lampade a olio o a resina. Questa polvere veniva raschiata dalle pareti delle lanterne o dei recipienti, lavata e seccata prima dell’uso. È un nero molto leggero, dal tono opaco e vellutato, usato fin dall’antichità nei manoscritti e nei disegni preparatori. A causa della sua fragilità in ambienti umidi, era spesso miscelato con gomme naturali o colla per migliorarne l’adesione.

PIROLUSITE

ORIGINE: Sintetica

La Pirolusite è un biossido di manganese (MnO₂), di colore nero‑grigiastro, estratto da giacimenti minerari. Veniva usato soprattutto in ceramica, vetri colorati e smalti, mentre più raramente in pittura. Il suo aspetto opaco e la resistenza al calore lo rendono adatto a usi ad alta temperatura.

La Lista dei Pigmenti Bianchi

GESSO

ORIGINE: Naturale

Il Gesso è la base silenziosa di molti affreschi e tavole: una polvere ottenuta dalla macinazione della pietra grezza di solfato di calcio che, una volta setacciata e ripulita, offre un bianco opaco e morbido al tatto. Nei laboratori artigianali veniva usato soprattutto per stendere i supporti prima di dipingere, perché rendeva la superficie uniforme e capace di trattenere i colori. Pur non coprendo come un pigmento vero e proprio, il suo carattere neutro e la facilità d’impiego lo hanno reso insostituibile nella storia della pittura murale.

BIANCO DI SANGIOVANNI

ORIGINE: Naturale

Il “Bianco di Sangiovanni”, noto anche come bianco di calce, è un idrossido di calcio (Ca(OH)₂) ottenuto spengendo la calce viva derivata dalla calcitica (CaO) in acqua pura. Nel Processo tradizionale, la pietra calcarea viene cotta in forni a circa 900 °C per produrre calce viva, quindi riposta in vasche di spandimento dove l’aggiunta lenta di acqua trasforma il materiale in una pasta cremosa di bianco candido. Questa polvere, setacciata e fatta stagionare all’aperto fino a perdere ogni traccia di umidità, si usa da secoli per intonaci a fresco, stucchi e preparazioni di fondo: il suo bianco luminoso riflette la luce diffusa rendendo vive le superfici. Il Bianco di Sangiovanni compare nelle cronache tecniche relative ai restauri del Battistero di San Giovanni a Firenze, dove era preferito per la sua purezza ed elevata capacità di presa e traspirabilità.

CAOLINO

ORIGINE: Naturale

Il Caolino è la “farina” bianca delle argille più pure, un silicato finissimo che nasce da antichi depositi alluvionali e giace paziente sotto la superficie del terreno. Dopo essere stato lavato e decantato più volte, diventa una polvere luminosa, con un leggero velo grigiastro, che migliora la consistenza e l’adesione dei colori. Non si usa da solo come pittura, ma la sua presenza è fondamentale quando si vuole dare corpo a una tempera, rendendola più densa e meno trasparente.

BIACCA

ORIGINE: Sintetica

La Biacca, il “bianco di piombo” dei grandi maestri, era frutto di un lento dialogo tra metallo e aceto. Lastre di piombo venivano sospese sopra aceto in botti sigillate, poi ricoperte di letame: vapori e muffe agivano sul metallo fino a trasformarlo in cristalli di carbonato basico di piombo. Raccoglievano quella patina bianca, la macinavano a lungo e ne ottenevano una polvere calda, coprente e leggermente satinata. In olio, dava vita a impasti morbidi e intensi; nei trattati rinascimentali era lodata per il suo «fascino perlaceo», ma la consapevolezza della sua tossicità ne ha imposto l’abbandono nel XX secolo.

BIANCO DI ZINCO

ORIGINE: Sintetica

Quando l’industria scoprì il bisogno di un’alternativa al bianco di piombo, il Bianco di Zinco si fece avanti: zincite o blenda venivano ossidate a calore elevato, producendo vapori che condensavano in ossido di zinco. La polvere risultante, con un tono freddo e leggermente azzurrino, divenne presto il bianco dei pittori del XIX secolo. Meno coprente della biacca, offriva però una stabilità alla luce ineguagliata e garantiva superfici pure e inodori, perfette per acquerelli, tempere e vernici.

BIANCO DI TITANIO

ORIGINE: Sintetica

Il Bianco di Titanio è il “campione” incontrastato tra i bianchi moderni: nato nei primi decenni del Novecento, si ottiene trattando minerali di rutilo o anatase, estraendo e calcinando il diossido di titanio. La polvere che ne risulta è abbagliante e al tempo stesso opaca, copre come nulla prima d’ora e non teme né il sole né l’umidità. Ovunque si guardi – pittura, plastica, cosmetica – lo si trova a dominare, testimone di un’era in cui il bianco è diventato un colore industriale e sicuro.

BIANCO DI LITOPONE

ORIGINE: Sintetica

Il Litopone, nato verso la fine dell’Ottocento, è un mix di solfato di bario e solfuro di zinco: un connubio studiato per unire la leggerezza del primo con la coprenza del secondo. Precipitati insieme, poi lavati e macinati, i cristalli di litopone creano un bianco morbido, meno acceso del titanio, ma più stabile dei primi bianchi di zinco. Per anni è stato il bianco delle vernici da interno e delle carte da imballaggio, offrendo un equilibrio tra resa estetica e costo contenuto.

BIANCO DI STAGNO

ORIGINE: Sintetica

Il Bianco di Stagno è ossido di stagno puro (SnO₂), ottenuto riscaldando il metallo a oltre 1 200 °C in forni ossidanti. Nel processo, il vapore di stagno si trasforma in una polvere finissima, candida e opaca, dalla granulometria intorno a 1–3 µm. Questo pigmento è stato impiegato fin dal XVIII secolo in Iraq per schiarire smalti ceramici, porcellane e vernici a base acquosa: la sua ottima stabilità alla luce e l’incolore inerente lo rendono ideale come “bianco di supporto” o componente secondario nei bianchi più complessi, senza alterare le tonalità adiacenti. Anche se meno diffuso del bianco di titanio, mantiene ancora un ruolo nelle ricette tradizionali di smalti e leganti ceramici.

Sorgenti e Approfondimenti: Università degli Studi di Ferrara (PDF)