Tecniche e Materiali dell’Impero Romano: La Domus

La domus romana, residenza tipica dei cittadini agiati dell’antica Roma, rappresenta un microcosmo di soluzioni ingegneristiche e artigianali nate per coniugare comfort, estetica e sicurezza. Incuneata tra le strette vie del tessuto urbano, essa sfruttava materiali locali – tufo, travertino, laterizi e malta di calce–pozzolana – e tecniche collaudate per costruire spazi funzionali: dall’atrio all’impluvium, dalla cucina al triclinio. Percorrendo le stanze di una domus, emergono scelte architettoniche orientate al controllo della luce, della ventilazione e delle acque piovane, e un ricorso sapiente a leganti, malte e pitture che testimoniano l’equilibrio fra economia di risorse e ricchezza decorativa.

Materiali da Costruzione Principali

Della Domus Romana

Nelle fondazioni e nei paramenti murari delle domus, i Romani impiegavano essenzialmente pietre locali – tufo vesuviano, travertino dei dintorni di Tivoli, Calce – combinate a laterizi cotti in fornaci artigianali. Le strutture in opus caementicium (calcestruzzo romano) nascevano miscelando calce viva con pozzolana – cenere vulcanica raffinata – e aggregati grossolani (ciottoli e cocci di tegole), ottenendo un materiale plasmabile e resistente alla compressione, in grado di adattarsi a forme complesse quali volte e archi.

La Calce: Cuore delle Murature

La calce era un vero “prodotto multitasking” all’interno della domus romana. Ottenuta dalla cottura di rocce carbonatiche (calcari e marne) a oltre 900 °C, la calce viva veniva spenta con acqua in grandi vasche aperte, generando calce idrata dalla struttura porosa. Questa veniva poi affinata, setacciata e lasciata “maturare” in vasche per settimane, processo che ne stabilizzava la reattività.

  • Murature e malte portanti: Unendo calce idrata a sabbie locali e pozzolana, si ottenevano malte adatte sia per riempimenti di fondazione sia per la realizzazione di muri in opus caementicium, capaci di plastica lavorabilità e durabilità straordinaria.
  • Intonaci portafresco: Il primo strato (rudus) e il successivo (nucleus) erano miscele di calce, sabbia e frammenti di cocci, mentre l’intonachino finale, più ricco di calce selezionata e finemente levigato, costituiva il supporto per gli affreschi a buon fresco.
  • Protezione superficiale: Un velo di calce semplice, applicato a secco o diluito con acqua, fungeva da “intonaco protettivo” tra una stagione e l’altra, ripristinando l’alcalinità della superficie e prevenendo il deterioramento biologico.
Atrio Centrale della Domus Romana

Atrio Centrale della Domus Romana

Estrazione, Trasporto e Logistica

Le cave di tufo e travertino erano spesso site entro pochi chilometri dalle città, riducendo tempi di trasporto. I blocchi venivano estratti con scalpelli e leve di ferro, sollevati su carrucole e calati su carrelli trainati da buoi. Per gli approvvigionamenti via acqua, le imbarcazioni navigavano lungo Tevere o canali artificiali, scaricando pietre e laterizi direttamente nei porticcioli urbani. Nelle strade interne, lastricate con basoli di basalto, transitavano carri su rotaie di pietra, ottimizzando il trasferimento dei materiali verso i cantieri della domus.

Tecniche, Malte e Leganti

Per La Domus Romana

La malta di calce idrata e pozzolana, miscela fluida a presa naturale, era il collante per pietre, laterizi e intonaci. Dopo la cottura delle argille in anfore o vasche di pietra, la calce viva veniva spenta con acqua, poi setacciata e lasciata maturare per settimane in putei scoperti, garantendo una carbonatazione controllata. A questa si univa la pozzolana macinata, dosata in rapporto variabile (1:2 o 1:3), per ottenere malte con diversa plasticità e tempi di indurimento.

Tecniche Murarie e Strutturali

Per alzare i muri veniva spesso impiegato l’opus vittatum: filari alternati di laterizi sottili e pietre squadrate, un sistema che univa velocità di posa e ottima coesione meccanica. L’uso di opus reticulatum – piccole tessere di tufo poste a spina di pesce – era riservato a pareti decorative o a facciate interne, richiedendo malte più fini per garantire piani omogenei.

Impermeabilizzazioni e Sistemi Idraulici

L’impluvium, vasca centrale dell’atrio destinata a raccogliere l’acqua piovana, era impermeabilizzato con un opus signinum (calce, cocci triturati e pozzolana), steso in più mani per creare un supporto stagno. Le tubature in terracotta (fistulae) e i canali di piombo convogliavano l’acqua raccolta alle cisterne sotterranee, garantendo approvvigionamento idrico e drenaggio dei liquidi.

Fontana di Pelete - Domus Augustana

Fontana di Pelete – Domus Augustana

Finiture e Decorazioni

Nella Domus Romana

All’interno della domus, le superfici murarie presentavano intonaci a tre strati: il rudus (grosso), il nucleus (medio) e l’intonachino finale, levigato con pietra pomice o scapito per ottenere fondo liscio. Su quest’ultimo venivano eseguiti affreschi a buon fresco, stesi quando la calce era ancora umida, o a secco, con pitture caseiniche o tempera all’uovo.

I Pigmenti Naturali nella Domus

Nell’antica Roma le decorazioni delle pareti non si limitavano all’intonaco o agli stucchi, ma facevano leva su una tavolozza di pigmenti naturali estratti dal territorio. Gli ossidi di ferro, reperiti in vene lateritiche e depositi argillosi, venivano trasformati in ocra rossa, ocra gialla e terra di Siena mediante calcinazione e macinazione; questi toni caldi erano impiegati sia negli affreschi a buon fresco sia nelle pitture a secco, garantendo ottima resistenza alla luce e all’umidità. Tutti questi pigmenti venivano preparati macinando il materiale grezzo fino a ottenere polveri ultrafini, quindi mescolati con acqua per l’affresco o con medium naturali (tuorlo d’uovo, caseina del latte, semplici emulsioni zuccherine) nelle pitture a secco. Il risultato era una gamma cromatica consistente, capace di mantenere vividezza e stabilità per secoli.

Pareti Decorate nella Domus Vetti - Pompei

Pareti Decorate in Affresco nella Domus Vetti – Pompei

Innovazioni Ingegneristiche

L’applicazione del calcestruzzo e delle volte libere permise di creare ambienti coperti ampi senza colonne di sostegno. Nelle domus patrizie di Roma, cortili e giardini – spesso dotati di peristili – si configuravano come veri microclimi, grazie alla circolazione dell’aria e all’ombra delle colonne. All’esterno delle mura urbane, ville suburbane sfruttavano queste stesse tecniche, dando forma a paesaggi agrari ornamentali che mescolavano natura e invenzioni costruttive.

Esempi Iconici

Di Domus Romana

Casa del Fauno, Pompei (II–I sec. a.C.)
La Casa del Fauno, edificata tra il II e il I secolo a.C., utilizza fondamenta in opus caementicium e paramenti in opus incertum realizzati con ciottoli di fiume immersi in malta di calce e pozzolana. L’ampio impluvium è rifinito in opus signinum, mentre il mosaico centrale dei “Giochi gladiatori” è un capolavoro di opus tessellatum: tessere di marmo locale e travertino montate su un letto di cocci tritati e malta calcarea.

Domus Del Fauno

Casa dei Vettii, Pompei (I sec. d.C.)
Costruita nel I secolo d.C. dai ricchi mercanti Vettii, questa domus impiega pareti in opus reticulatum – piccole tessere di tufo disposte a spina di pesce – intonacate con uno stucco a base di calce idrata e polvere di marmo. Gli affreschi in III stile presentano pigmenti naturali fissati in tempera all’uovo, applicata su intonaco ancora fresco per garantire perfetta adesione.

Domus Dei Vetti

Domus Aurea, Roma (64–68 d.C.)
Il sontuoso palazzo neroniano sul Palatino occupa un’area vastissima e deve la sua tenuta strutturale a una straordinaria sequenza di volte con calcestruzzo leggero, realizzato con pomici e pozzolana. I rivestimenti interni in stucco policromo, rinforzati con fibre vegetali, e le colonne rivestite in gesso colorato dimostrano la perizia degli artigiani nel mix di aggregate locali e malte speciali.

Domus Aurea

Domus Tiberiana, Palatino (I sec. d.C.)
Fondata nel I secolo d.C. come residenza imperiale, la Domus Tiberiana sorge su livelli scavati nella roccia tufacea. Le murature in opus quadratum, realizzate con blocchi di travertino squadrati, sono solidificate da giunti di malta ad alta percentuale di pozzolana, mentre i pavimenti in lastre di peperino poggiano su strati di cocciopesto per garantire isolamento e planarità.

Domus Tiberiana

Villa dei Misteri, Pompei (II sec. a.C.)
Pur concepita come villa suburbana nel II secolo a.C., il complesso si distingue per le superfici affrescate in buon fresco: calcina e sabbia finissima formano un intonaco umido su cui si stendono pigmenti minerali. Il peristilio centrale utilizza colonne in calcestruzzo rivestite in stucco rinforzato con segatura di legno per migliorare elasticità e adesione.

Domus Dei Misteri

Casa del Menandro, Pompei (I sec. d.C.)
Edificata nel I secolo d.C., presenta un’architettura a T con peristilio lastricato in basalto locale. Gli intonaci colorati – blu e verde – derivano dall’impiego di pigmenti a base di malachite e glauconite fissati in medium zuccherino, applicato in sottili mani su intonachino asciutto.

Domus Menandro

Conclusione – Eredità e Ricezione Moderna

Della Domus Romana

Le soluzioni tecniche e i materiali impiegati nella domus romana illustrano la capacità degli antichi maestri di calibrare reperibilità locale, costi di cantiere e necessità funzionali. Il bilanciamento fra pietre, laterizi, calcestruzzo, pigmenti e malte pozzolaniche permise non soltanto opere durature, ma anche elevati standard di comfort e decoro. Molte delle metodologie descritte – dalle cave alle imbarcazioni, dal dosaggio delle malte all’affresco – continuano a ispirare progetti di restauro e bioedilizia contemporanei, dimostrando l’attualità di una sapienza costruttiva che ha lasciato un segno indelebile nel patrimonio dell’architettura mondiale.

SORGENTI E APPROFONDIMENTI SULLA DOMUS ROMANA: pompeionline.net – domus-romana.com – colosseo.it – quotidiano.net – hmdb.org – agi.it