In Liguria il colore nasce dal contatto diretto con la terra: l’ocra gialla di Luni estratta lungo le rupi tufacee del Magra, il rosso intenso dei Monti di Portofino raccolto in piccole cave rustiche, il grigio ardesia di Le Grazie setacciato dalle sabbie lambite dal mare e il bianco calceo di Finale Ligure franto fino a polvere sottile. Chi lavora questi materiali sa che ogni carico di terra è diverso: lo valuta al tatto, lo decanta in tinozze di legno e lo macina su pietre sfiorite. È un processo semplice, ma richiede pazienza e conoscenza del territorio, perché solo così si ottiene un pigmento vivo, resistente alla salsedine e capace di raccontare, con le sue sfumature, la Liguria vera.
Oltre alla materia prima, è la memoria artigiana a dare forma al colore: sono i forni a legna dei fornaciai di Niasca che cuociono l’argilla del Portofino fino a conferirle il rosso vivo dei portici di Camogli; sono i muratori di Monterosso che mescolano ocra e calce per proteggere i decumani di Vernazza dal sale; sono i restauratori di Genova che, negli stucchi di Palazzo Ducale, applicano sottili veli di gesso di Finale Ligure mescolato a una punta di ocra di Luni. È questo legame tra terra, tecnica e paesaggio che rende i pigmenti liguri non un semplice colore, ma l’anima tangibile di una regione di mare e di monti.
Le Terre Colorate Liguri
Pigmenti Naturali e Zone di Origine
La Liguria, con il suo territorio stretto fra mare e montagna, offre una varietà di terre coloranti che da secoli vengono raccolte e lavorate da artigiani locali. I pigmenti naturali della regione non sono solo materiali, ma veri e propri testimoni del paesaggio e della cultura materiale ligure. In questo capitolo andremo a descrivere i principali pigmenti legati alla Liguria, con attenzione alle zone di estrazione, alle caratteristiche cromatiche e agli usi tradizionali.
Ocra Gialla Ligure
L’ocra gialla proviene dalle rupi tufacee vicino al confine con la Toscana. Qui come in altre zone della Liguria è possibile trovare la classica terra ocra gialla molto diffusa in tutta italia che però qui è soggetta a un clima ed una storia differente. Il risultato è una polvere dal giallo caldo, che sfuma dal tono miele al paglierino dorato. Miscelata con calce naturale e acqua di mare, questa ocra dà vita a intonaci capaci di resistere alla salsedine, perfetti per le facciate degli edifici costieri.
Terra Rossa Ligure
Sulle pendici del Promontorio di Portofinocosi come in altre zone della regione, tra boschi di lecci e strapiombi sul mare, affiorano argille ricche di ossidi ferrici. Questo colore, unito a calce spenta, si usa nei carruggi e nei portici antichi per creare intonaci rustici che richiamano il calore dei tramonti sul Tigullio.
Rocce di Ardesia Ligure
Tra Portovenere e le Cinque Terre, l’ardesia si estrae in lastre compatte, ma i residui di frantumazione venivano tradizionalmente macinati per ottenere un pigmento grigio‑ardesia. Impastato con calce idrata, questo materiale crea malte scure e materiche, ideali per rifinire portici e basamenti esposti all’umidità marina. Anche oggi, i restauratori ne apprezzano la capacità di mantenere toni freddi e uniformi senza sfaldarsi.
Calce Bianca Ligure
Nel bacino calcareo di Finale Ligure, le rocce di pietra tenera vengono cotte in forni a legna e macinate fino a ridursi in una calce bianca cremosa. Questa polvere, mescolata a poca acqua e a spezie di terra locale (ocra o rosso di Portofino), diventa uno stucco luminoso, ideale per gli interni delle chiese barocche genovesi e per i soffitti a volta delle ville settecentesche. La calce di Finale garantisce traspirabilità e un bianco caldo che non gela allo sguardo.
I Colori di Genova Città
A Genova il colore non nasce in tubetti, ma nella polvere delle cave e nelle mani dei maestri artigiani. Il rosso di Portofino, estratto in piccole buche tra le insenature liguri, tingeva di calore le facciate dei carruggi, mentre l’ocra di Luni, lavata in tinozze e decantata, accendeva di luce gli interni delle chiese medievali, da San Matteo al Duomo di San Lorenzo. Sulle imponenti mura di Palazzo Ducale e nei giochi di prospettiva di Via Garibaldi, il grigio ardesia di Le Grazie si mescolava alla calce dolce di Finale Ligure per creare stucchi materici, delicati ma resistenti all’umidità marina.
Camminando tra i portici del Porto Antico o sostando nei loggiati dei Palazzi dei Rolli, si incontrano le sfumature del territorio: un basamento in tufo scuro anticipa un piano nobile in ocra, un balcone in ardesia contrasta con un cornicione bianco crema. È un dialogo continuo tra pietra, mare e terra, reso possibile dalla conoscenza secolare dei luoghi di estrazione e dalla cura con cui ogni carico di pigmento viene setacciato, macinato e miscelato a calce naturale. In ogni mattone, in ogni angolo affrescato, vive la memoria di un artigiano che ha letto il colore nel profilo delle montagne e nel respiro delle onde.
I Pigmenti Liguri nella Storia e nell’Arte
La Liguria ha una storia lunga e stratificata, che si riflette anche nelle sue terre e nei suoi pigmenti. Prima ancora dell’epoca romana, la regione era abitata da popoli come i Liguri antichi, esperti conoscitori del territorio, che utilizzavano l’ardesia, le terre ferrose e le pietre colorate non solo per costruire, ma anche per decorare e tingere. Con l’arrivo dei Greci e, successivamente, dei Romani, si svilupparono veri e propri sistemi di estrazione e utilizzo di materiali locali, molti dei quali destinati alle mura, ai mosaici e agli intonaci colorati delle ville e dei templi.
Uno dei pigmenti naturali più rilevanti è l’ocra rossa, che si ricavava dalle terre ferrose presenti nell’entroterra, soprattutto nella zona tra Finale Ligure e Albenga, dove sono documentate presenze di ematite. Le terre rosse e brune, setacciate e mescolate alla calce o all’olio, venivano usate già in epoca romana per tingere affreschi, pavimenti e pareti, soprattutto nelle ville rurali della costa e della Val di Magra. In molte necropoli liguri, infatti, si trovano ancora resti di colorazioni rosse naturali sulle urne e sugli stucchi.
Anche l’ardesia, così caratteristica della Liguria, ha avuto un ruolo importante: polverizzata finemente, veniva usata per ottenere un grigio profondo e opaco, molto utilizzato nei decori architettonici medievali e rinascimentali. A Cicagna e in tutta la Val Fontanabuona, l’ardesia veniva tagliata ma anche sfruttata come pigmento e supporto pittorico. La polvere derivata dagli scarti delle cave entrava nel ciclo edilizio e decorativo, creando una palette austera ma locale.
Nel Medioevo e nel Rinascimento, Genova diventa uno dei porti più importanti del Mediterraneo, e con essa cresce anche il commercio e la sperimentazione cromatica. I pittori liguri – tra cui Luca Cambiaso, Bernardo Strozzi e Domenico Fiasella – utilizzavano terre locali, ma anche pigmenti importati, rielaborandoli secondo la tradizione locale. Le terre rosse dei dintorni di Savona e la polvere di diaspro proveniente da Portovenere erano spesso impiegate nella preparazione delle basi per le pale d’altare e gli affreschi delle chiese liguri.
Nel periodo barocco, l’intensità dei rossi locali veniva attenuata con terre chiare e con la luce naturale per rendere le carnagioni e i panneggi dei santi. A differenza delle scuole centro-italiane, qui si tendeva a una gamma più “temperata”, con toni desaturati ma pieni di vibrazione. Questo stile influenzerà anche i pittori dell’Ottocento, come quelli della cosiddetta Scuola Grigia, che porteranno avanti una tradizione cromatica fortemente radicata nella realtà materica del territorio.
Applicazioni Contemporanee nell’Edilizia Tradizionale
Oggi, la Liguria rischia di perdere per sempre i suoi colori autentici. Le piccole cave di ocra gialla, di rosso di Portofino e di ardesia nera, un tempo cuore pulsante dell’artigianato locale, sono state in gran parte abbandonate a vantaggio dei pigmenti industriali: formule chimiche rapide da produrre, facili da trasportare ma prive di quella «voce della terra» che solo una polvere macinata a mano sa parlare. La chiusura delle fornaci tradizionali e lo scarso interesse commerciale hanno reso questi pigmenti sempre più rari, relegandoli alla memoria di pochi artigiani custodi di un sapere antico .
Riscoprire e mantenere vive queste terre significa molto più che replicare un colore sul muro: è un atto di sovranità culturale e di sostenibilità. Le polveri naturali, estratte con metodi a basso impatto e lavorate con le tecniche di un tempo, garantiscono intonaci traspiranti, superfici durevoli e un legame visibile con il paesaggio ligure. Sono materiali che rispettano la muratura storica e che preludono a un’edilizia capace di dialogare con il clima, la geologia e la tradizione locale. È compito di restauratori, architetti e committenti scegliere oggi questi pigmenti rari: sostenere le fornaci che ancora operano, commissionare miscele a base di terre naturali e favorire la formazione di nuove generazioni di artigiani.
Sorgenti e Approfondimenti: portofinocoast.it – gruppoboero.it – sarzanachebotta.org – sanremo.it – mediamontagna.it – wikipedia.org