La Storia del Giallo Torino

Nel 1978, arrivando a Torino per lavorare come decoratore, fui colpito da un particolare: la maggior parte dei lavori di coloritura veniva realizzato in un colore giallo, di varie tonalità e intensità, a cui veniva spesso data la denominazione di Giallo Torino, Giallo Piemontese o Giallo Vecchia Torino.

Questa Torino cosi monocromatica mi colpì particolarmente dato che io venivo dalla Sicilia dove ero abituato ad una tavolozza du colori che comprendeva il rosa, il verde, gli azzurri e anche qualche giallo ovviamente. Inoltre, mi trovavo in imbarazzo quando, mentre preparavo i campioni dei vari tipi di giallo per la scelta del colore, mi sentivo di chiedere da qualche cliente quale era il “Giallo Torino” perchè non sapevo cosa rispondere e non avevo mai trovato nessuno che mi dicesse qual era esattamente questo colore.

I Componenti Per Ottenere il Giallo Torino

Nel 1993 partecipai ad un corso di restauro delle facciate dipinte organizzato dal Cipet e dalla CNA e diretto dal prof. Giovanni Brino del Politecnico di Torino: autore del piano del colore di Torino.e di molte altre città italiane e francesi, fra cui Marsiglia. Durate il corso il professore mi diede l’incarico di preparare la calce a le terre coloranti naturali i colori della tavolozza di Torino, in base ai documenti storici d’archivio in suo possesso, con ricette molto dettagliate e precise. Fra questi colori vi erano anche le tinte che avevano dato origine al Giallo Torino, che in origine si chiamava Giallo Molera, chiaro e scuro.

La Basilica di Superga

La Basilica di Superga – Situata nella collina torinese è un’esempio di Giallo Torino scuro

In origine per preparare il giallo veniva utilizzata anche la calce gialla di casale. Questo fatto – che mi conferma che c’è ancora molta confusione sull’origine di questo colore, spesso scambiato con le tinte sintetiche che vengono oggi impiegate, lontanamente somiglianti ai colori naturali – mi ha stimolato ad effettuare con successo lavori con questo tipo di giallo che preparo personalmente, come facevano gli artigiani di una volta, malgrado le difficoltà che comporta l’uso di questi materiali. Importante è anche stata la consultazione dei libri che raccolgono documentazione storica, fra i quali “Colore e città” ” I colori di Torino 1801-1863″ di Giovanni Brino e Franco Rosso, sui quali ho trovato le notizie che seguono.

Restauro Palazzo Priotti giallo Torino

Vista dello storico Palazzo Priotti che ho restaurato personalmente

Le Regole Edilizie dei Savoia

Borgo Medievale di Chieri – con moltissime sfumature di Giallo Piemonte

All’inizio del 1800 era stato istituito a Torino, sotto la dinastia dei Savoia, il “Consiglio degli Edili”, che aveva la funzione di contrllo di tutto ciò che riguarda le opere edilizie, compresi i minimi particolari, come appunto le indicazioni del colore da dare alle facciate. I proprietari facevano una richiesta scritta al consiglio, con eventuale proposta di colorazione; l’architetto incaricato, se non accettava i colori proposti, indicava altre colorazioni in base alla tipologia dell’edificio, all’ubicazione e agli edifici confinanti. Non esistendo a quell’epoca campionari trasportabili, erano stati realizzati colori campione sul muro del cortile del municipio; gli imbiancatori incaricati andavano cosi a copiare il colore. Esisteva anche un specie di ricettario che descriveva molto dettagliatamente le dosi di terra da aggiungere al lette di calce per ottenere la tonalità desiderata.

I colori indicati variavano dai rossici ai giallognoli, ai verdini e grigi chiari, i colori ad imitazione di materiali nobili quali le pietre etc. Molte altre colorazioni erano date direttamente dal colore naturale delle calci forti, tipo quella di Superga, Casale, Pontestura, Lauriano, ecc. Prima di iniziare il lavoro si dovevano fare campioni della facciata da tinteggiare, in attesa della ricognizione dell’ispettore che controllava che il colore corrispondesse a quello indicato. Nel 1849 la situazione cambiò e la scelta dei colori passò al Consiglio degli Edili del Municipio a cui veniva data maggiore autonomia. Come verificatore degli edifici fu incaricato l’architetto Gabetti: da quel momento ci fu una cambiamento di rotta, e all’indeterminatezza subentrò una rigida determinazione.

Casa della Vedova - restuaro realizzato personalmente con la mia ditta Torino Decor

Casa della Vedova – Restauro realizzato personalmente con la mia ditta Torino Decor

Ai proprietari titubanti non si ordinò più di predisporre campioni ma di attenersi rigidamente a un modello messo a punto quattro anni prima sulla fronti secondarie di Palazzo Civico e sulla case di via Dora Grossa (l’attuale via Garibaldi). Questo modello di colorazione era di due tonalità di giallo Molera, chiaro e scuro. Questa determinazione cromatica aveva la prerogativa di essere la tinta più torinese che si potesse immaginare. Per 11 anni, fino al 1859, quasi tutte le prescrizioni comandavano infatti l’impiego di “tinte conformi a quelle adottate verso Dora Grossa nelle case della città”. Una Stima prudente, in base alla documentazione trovata, indica che su 618 richieste di tinteggiature del periodo in questione, ben 486 riportavano l’indicazione di via Dora Grossa.

Questo modello di colorazione pian piano si spostò in quasi tutte le zone della città e la maggior perte dei paesi torinesi lo accettò. Qualcuno fece ricorso, protestando anche direttamente con il Sindaco rivendicando il diritto alla proprietà: la loro battaglia era però persa in partenza. In alcuni casi l’architetto Gabetti, andando personalmente nei cantieri, fece sospendere i lavori di tinteggiatura già avviati con altri colori, diffidando dal proseguire e imponendo di rispettare le tinte del Palazzo Civico. Nel 1860 la Commissione d’Arte subentra al consiglio degli Edili e nel 1863 entra in vigore un’articolo riguardante la tinte che non obbligava più i proprietari a predisporre i campioni, ma i coloramenti esterni dovranno essere eseguite preferibilmente con tinte secondarie pallide, escludendo quelle che per la troppa vivacità o per troppa oscurezza dovessero offendere la vista o ingenerare oscurità.

Il Giallo Piemonte – Un Mito Riscoperto

Antonino Longhitano - Artigiano

Antonino Longhitano – Artigiano

Insomma la colorazione fu liberalizzata. Negli anni successivi, nonostante la liberazione del colore, il Giallo imperò su Torino anche se con varie sfumature e in accostamento con altri colori. Quando la città diventò capitale d’Italia, questo colore divenne di moda anche in altre parti del Paese, diventando cosi famosa da prendere il nome appunto di Giallo Torino. Dopo la seconda guerra mondiale presero il sopravvento sul mercato, per la loro praticità d’uso, le idropitture sintetiche che sostituirono le pitture naturali a calce e le terre coloranti, e cosi il vero giallo Torino cominciò a scomparire progressivamente e ne rimase solo il nome.

Attualmente a Torino le facciate rimaste con le tinte originarie sono rarissime, e ancora più rare sono quelle tingeggiate di nuovo, in quanto si era quasi persa la capacità di utilizzare questi materiali: adesso, grazie ai corsi di formazione sul restauro, alcuni di noi artigiani stanno nuovamente lavorando con le tecniche e gli “ingredienti” originali, con ottimi risultati. Negli ultimi anni alcune ditte produttrici stanno studiando e realizzando materiali a base di calce da utilizzare su larga scala e ispirati a quelli “di una volta”. A mio avviso, sono ancora abbastanza lontani dall’effetto autentico in quanto legati alla filosofia delle pitture moderne. Speriamo comunque che in futuro si riescano ad imitare fedelmente i colori originali, in modo da poter restituire, almeno in parte, i colori che hanno fatto la storia di questa città e di cui i torinesi dovrebbero essere orgogliosi.

Antonino Longhitano

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