Quando si guarda un quadro di Van Gogh, non si vede solo un’immagine: si percepisce la sostanza stessa del colore. Ogni pennellata sembra uscita direttamente dal tubetto o da una tavolozza tenuta in mano con urgenza, quasi con rabbia. E per chi lavora con le terre, con i pigmenti veri, non sfugge un dettaglio: Van Gogh conosceva a fondo i materiali che usava.
Non era un alchimista del colore, ma un artigiano ostinato, che tornava sempre sulle stesse formule. La sua tavolozza era concreta, fatta di pochi pigmenti, molti dei quali minerali o terre naturali: blu di cobalto, giallo cromo, ocra gialla, terra d’ombra. Li usava come fossero strumenti vivi, sporcandosi le mani, stratificando, sperimentando fino allo stremo.
Si è documentato, ha osservato altri pittori, ha letto trattati, ma alla fine ha scelto solo ciò che sentiva rispondere a un’urgenza espressiva. I pigmenti che ha usato – e che oggi possiamo ancora analizzare nei suoi quadri – non sono frutto del caso: sono scelti per forza, luminosità, tenuta. Chi conosce i materiali li riconosce subito. E capisce che in quei colori c’è tutta la lotta di un uomo che voleva raccontare il mondo non con le forme, ma con la luce e con la polvere della terra.
I Pigmenti della Tavolozza di Van Gogh
Entrare nella tavolozza di Van Gogh significa scoprire un set di colori scelti con la cura di un artigiano. Le sue lettere al fratello Theo ci parlano di tubetti di giallo cromo, blu di cobalto e ocra gialla, mentre le analisi chimiche condotte al Van Gogh Museum di Amsterdam e al Getty Conservation Institute confermano queste scelte. Pur mescolando terre antiche come la Terra di Siena e il Verde Veronese a sintetici novecenteschi, Van Gogh puntava sempre sulla tenuta del pigmento, sulla sua intensità e sulla capacità di reggere la luce.
Ocra Gialla
Pigmento antico e naturale, ricavato da terre ferruginose, l’ocra gialla è spesso la base calda su cui Van Gogh costruiva la luce. Meno acido del giallo cromo, l’ocra porta con sé un senso di solidità e calore che ricorre nei campi, nei volti, nei muri.
Terra di Siena
Estratta dalle cave toscane, la terra di Siena è un’ocra caratterizzata da un calore aranciato che Van Gogh impiegava per dare corpo ai terreni e ai tronchi d’albero. Nella “Campagna di Auvers”, le colline ondulate si scaldano grazie a un sottofondo di Siena naturale, mentre nella serie dei Campi di grano con cipressi la Siena bruciata entra nelle ombre delle spighe, bilanciando il giallo cromo con una tonalità più terrosa e stabile alla luce.
Verde Verona
Pigmento terroso ricavato da rocce cariche di clorite, il verde Verona restituisce un tono d’oliva caldo e opaco, ideale per le foglie secche o le siepi in penombra. Van Gogh lo usa in “La Grenouillère” per le fronde riflettenti sull’acqua, mescolandolo con un pizzico di ocra gialla per non appiattire il paesaggio, e nella serie delle Ninfee per modulare i verdi puri del viridian con un tocco più sobrio e naturalistico. Questa scelta rispondeva alla necessità di un verde “minerale”, dal comportamento cromatico prevedibile e resistente alla luce.
Blu Cobalto
Tra i pochi blu che Van Gogh utilizzava con regolarità, il blu di cobalto era uno dei più stabili e affidabili. A differenza del più economico blu di Prussia – che pure compare nella sua tavolozza – il cobalto permetteva sfumature delicate nei cieli, nei vestiti e nelle ombre fredde. La sua presenza è evidente in molte delle vedute provenzali e nei notturni, dove la profondità del blu dialoga con la materia dorata dei gialli.
Rosso Vermiglione
Uno dei pochi rossi presenti nella sua tavolozza. Il vermiglione – solfuro di mercurio – era usato con parsimonia per accentuare dettagli o creare contrasti intensi. Van Gogh lo mescolava spesso con bianco o con terra d’ombra per ottenere toni meno accesi..
Terra D’Ombra Bruciata
Pigmenti terrosi, antichi, poco appariscenti ma essenziali per le ombre, i contorni, e per stemperare l’esuberanza degli altri colori. Van Gogh ne faceva uso in modo mirato, per dare profondità e concretezza.
Giallo Cromo
Forse il pigmento più iconico di Van Gogh. Il giallo cromo – un pigmento a base di cromato di piombo – veniva scelto per la sua luminosità accesa e quasi innaturale. Nei suoi dipinti, non c’è nulla di “pastello”: il giallo è sole, febbre, grido. Il problema di questo pigmento è la sua instabilità alla luce: molti gialli brillanti oggi appaiono più spenti proprio a causa di questo fenomeno. Eppure, nella sua epoca, era insuperabile..
Perché Questi Pigmenti?
Questi colori non sono casuali: il giallo cromo offre una luce intensa che resiste al sole, l’ocra gialla dona calore e stabilità, il blu di cobalto assicura profondità nei cieli e nelle ombre, mentre la terra d’ombra e il verde veronese garantiscono contrasti naturali e duraturi. Van Gogh selezionava ogni pigmento in base alla resa sulla tela umida, alla capacità di mescolarsi senza perdere brillantezza e alla tenuta nel tempo. In questo modo, ogni sfumatura portava con sé la forza del minerale o della terra da cui proveniva, sostenendo l’urgenza espressiva del suo gesto.
I Capolavori di Van Gogh Attraverso i Suoi Pigmenti
Nel dipingere “Notte stellata”, “I Girasoli” o “Campo di grano con cipressi”, Van Gogh non si limitava a stendere colori, ma metteva in scena il carattere di ciascun pigmento. Il blu di cobalto diventa il respiro profondo del cielo, il giallo cromo esplode come un sole che arde e l’ocra gialla funge da impalcatura calda per i campi e i muri. In questo capitolo osserviamo tre delle sue opere più note, non per ammirarne soltanto la forma, ma per capire come la scelta di un certo colore – estratto da rocce, minerali o terre antiche – trasformi la superficie in un racconto di luce e materia. Scopriremo come ogni pigmento, con le sue proprietà fisiche e chimiche, dialoghi con la luce naturale e dia vita a un’emozione tangibile sulla tela.
Notte Stellata (1889)
Museum of Modern Art, New York
Nel vortice notturno di Saint-Rémy, il blu di cobalto definisce le spirali del cielo, applicato a strati alterni di maggiore e minore densità per suggerire profondità. Il bianco di piombo, presente nelle stelle e nei contorni delle nuvole, illumina le curve cupe, mentre il giallo cromo degli astri – oggi attenuato dai decenni – era originariamente un tono caldo e acceso, capace di rispondere con forza alla luce indiretta. L’uso combinato di questi pigmenti crea una tensione tra il profondo blu minerale e i punti di luce vibranti.
I Girasoli (1888)
National Gallery, Londra
Sull’ampia tela dei girasoli, il giallo cromo occupa la scena, steso in tocchi rapidi e spessi che conferiscono una texture palpitante ai petali. L’ocra gialla entra in gioco nelle sfumature più morbide, bilanciando la brillantezza del cromo con un calore più terroso. Nei gambi e nei boccioli, il verde veronese e la terra d’ombra naturale modellano ombre trattenute, mentre un velo di bianco di piombo mixato con poche tracce di rosso vermiglione suggella i riflessi di luce, rendendo la composizione un’orchestrazione tattile di pigmenti naturali.
Campo di Grano con Cipressi (1889)
Metropolitan Museum of Art, New York
Nei campi dorati, l’ocra gialla e il giallo cromo si fondono per restituire la calda luce meridionale, spalmati in pennellate ampie e fluide. I cipressi emergono scuri grazie a miscele di verde smeraldo e terra d’ombra bruciata, che trattengono l’intensità del colore senza appesantirla. Il cielo, alternando blu di cobalto e bianco di piombo, offre un contrasto nitido con il giallo sottostante, mentre tracce di blu di Prussia rinforzano le ombre in controluce. Il risultato è uno scenario che palpita di materia e luce, reso possibile dalla sapienza artigiana di Van Gogh nel dosare ogni pigmento.
Esaminare la tavolozza di Van Gogh significa entrare nel suo mondo interiore, fatto di pochi pigmenti ma di infinite combinazioni emotive. Il blu di cobalto, il giallo cromo, l’ocra gialla, il vermiglione… non erano solo scelte tecniche: erano strumenti per dire qualcosa che con le parole non riusciva a esprimere. La sua coerenza nell’uso dei pigmenti, la fedeltà a certi materiali, pur conoscendone i limiti, ci mostra un artista che ha trattato il colore non come decorazione, ma come struttura portante della pittura. Oggi possiamo guardare quei quadri con occhi nuovi, sapendo che dietro ogni giallo intenso e ogni blu profondo c’è una scelta precisa, artigianale, e profondamente umana.
Sorgenti e Approfondimenti: vangoghmuseum.nl – sciencedirect.com – nature.com – naturalpigments.eu – pure.uva.nl