Rembrandt non dipingeva solo figure, ma materia viva: la sua mano plasmava volti, tessuti e paesaggi sfruttando l’interazione tra pigmento, legante e luce. Ogni colore sulla tela era il risultato di prove in bottega, dove il pittore – più artigiano che artista – testava la granulometria delle terre, la compatibilità fra biacca e ossidi e la resa dei minerali sotto diverse intensità luminose. Nei suoi taccuini si trovano annotazioni su come stemperare un ocra per renderla meno aranciata, o su quanta lacca miscelare al cinabro per ottenere un rosso che resista all’umidità del Nord. È questa attenzione al dettaglio, unita alla ricerca dei materiali più stabili, che conferisce ai suoi ritratti quella profondità tattile che ancora oggi colpisce chi li osserva.
I Pigmenti della Tavolozza di Rembrandt
Nato a Leida, Rembrandt imparò fin da giovane a conoscere le terre argillose delle coste olandesi e i minerali portati dalle navi che attraccavano nei moli di Amsterdam. In bottega, apriva barattoli di pigmenti in arrivo dai mercati locali e dalle rotte internazionali, osservando la granulometria delle polveri, miscelandole con biacca o con oli leggeri per valutarne la luminosità. La terra di Siena giungeva dalla Toscana, l’ocra rossa dalle cave spagnole, mentre lapislazzuli e cinabroarrivavano in quantità minime, riservati ai riflessi e ai contrasti più intensi. Abituato a dipingere su quinte scure, Rembrandt dosava ogni colore con mano esperta, calibrando la resa all’incandescenza delle luci e alla profondità delle ombre. Questa familiarità col materiale, unita alle abitudini di testare ogni nuova partita di pigmento in piccoli dipinti di prova, spiega la coerenza e l’intensità cromatica dei suoi chiaroscuri.
Ocra Rossa
Per gli incarnati dai toni caldi, Rembrandt prediligeva l’ocra rossa, capace di donare un sottile rossore alle guance senza diventare violento. In molti autoritratti, come quello di 1640 (Londra, National Gallery), l’ocra rossa entra nelle sfumature della pelle, stemperata con biacca e una punta di nero d’avorio, per ricreare passaggi di luce sulle rughe e sul collo.
Nero D’Avorio
Per costruire le ombre profonde che danno spessore ai suoi chiaroscuri, Rembrandt mescolava nero d’avorio, più opaco e compatto, con un pizzico di nero carbone, più freddo. Nei paesaggi serali, come in “La veduta di Venezia” (Amsterdam, Rijksmuseum), l’alternanza dei due neri crea un effetto di distanza e di atmosfera, mentre nei ritratti rende la stoffa vellutata dei mantelli.
Giallo Napoli
Il cosiddetto giallo di piombo-stagno era un pigmento sintetico già conosciuto in epoca medievale e molto presente nei dipinti nordici. Rembrandt lo usò per i dettagli più caldi delle vesti, degli sfondi dorati e delle luci sulle architetture, grazie alla sua vivacità opaca e alla buona coprenza. In dipinti come La lezione di anatomia del dottor Tulp (Mauritshuis, L’Aia), tracce di questo pigmento sono visibili nei risvolti gialli delle vesti, spesso combinato con l’ocra gialla per ammorbidire l’effetto. Essendo meno trasparente delle terre naturali, serviva anche per costruire accenti luminosi sulle superfici che volevano emergere dalla penombra.
Vermiglione
Il rosso vivo del vermiglione, unito alla trasparenza della garanza, compariva nei drappeggi e nei dettagli ornamentali. Rembrandt lo dosava con parsimonia: nei riflessi del copricapo in “La ragazza in costume olandese” (Copenaghen, Statens Museum), il rosso ha lo spessore di un accento discreto, sufficiente a guidare lo sguardo senza distogliere dalle espressioni.
Terra Verde Verona
Il verde Verona, noto anche come terra verde, era un pigmento stabile e naturale a base di silicati di ferro, estratto dalle rocce argillose del Nord Italia. Pur non essendo tra i toni predominanti nella tavolozza rembrandtiana, fu utilizzato con grande finezza per sottotoni carnosi e ombre freddissime nei ritratti, come rivelano le analisi stratigrafiche di alcuni dipinti su tavola e tela. In particolare, il verde Verona è stato rilevato come base sotto gli incarnati in alcuni autoritratti, dove la sua trasparenza permetteva di ottenere passaggi tonali delicati, mai piatti. Non era mai usato puro, ma sempre mescolato ad altri pigmenti – come ocra gialla o biacca – per addolcirne la freddezza e sfruttarne la trasparenza nel modellato.
I Capolavori di Rembrandt Attraverso i Suoi Pigmenti
Il verde Verona, noto anche come terra verde, era un pigmento stabile e naturale a base di silicati di ferro, estratto dalle rocce argillose del Nord Italia. Pur non essendo tra i toni predominanti nella tavolozza rembrandtiana, fu utilizzato con grande finezza per sottotoni carnosi e ombre freddissime nei ritratti, come rivelano le analisi stratigrafiche di alcuni dipinti su tavola e tela. In particolare, il verde Verona è stato rilevato come base sotto gli incarnati in alcuni autoritratti, dove la sua trasparenza permetteva di ottenere passaggi tonali delicati, mai piatti. Non era mai usato puro, ma sempre mescolato ad altri pigmenti – come ocra gialla o biacca – per addolcirne la freddezza e sfruttarne la trasparenza nel modellato.
La Ronda di Notte (1642)
Rijksmuseum, Amsterdam
La giubba dorata del capitano è il risultato di strati di terra di Siena naturale e bruciata, amalgamati con biacca per ottenere bagliori metallici. Le ombre tra le file di soldati nascono dalla sovrapposizione di terre bruciate e nero d’avorio, creando profondità che guida lo sguardo verso il gruppo centrale.
Autoritratto Con Due Cerchi (1645–1649)
Kenwood House, Londra
Nel volto emergono passaggi di ocra rossa e ocra gialla, applicate in velature sottili per modellare la pelle. Il fondo bruno scuro è ottenuto mescolando terra d’ombra e nero di carbone, per sostenere il chiaroscuro intenso che disegna la sagoma dell’artista.
La Ragazza Vestita di Cinabro (1665)
Mauritshuis, L’Aia
La veste rossa è realizzata con lacca di garanza stesa in strati sottili, successivamente ritoccati con piccoli accenni di vermiglione per rafforzare i toni caldi. Il trim dorato del vestito riflette la luce grazie a minime velature di giallo piombo-stagno, posate con precisione.
Lezione di Anatomia del Dottor Nicolaes Tulp (1632)
Mauritshuis, L’Aia
I vestiti scuri dei medici sono costruiti con strati di nero d’avorio e terra di Siena bruciata, mentre il telo bianco sopra il cadavere mostra tocchi di biacca miscelata con un accenno di ocra gialla per simulare le pieghe. Nei dettagli muscolari, piccole linee di ocra rossa traducono l’effetto della carne illuminata.
Riscoprire oggi i pigmenti di Rembrandt significa celebrare un’arte che nasce dalla conoscenza della materia. L’ocra di Siena, la biacca, il vermiglione, i neri e le terre verdi offrono una stabilità cromatica e una varietà di toni che i pigmenti sintetici faticano a eguagliare. Chi oggi decide di usarli – nel restauro, nella decorazione delle pareti o nella pittura contemporanea – ritrova un metodo collaudato: preparare, testare, miscelare, fotografare la risposta alla luce naturale. Questi pigmenti non sono reliquie del passato, ma strumenti vivi, che continuano a offrire profondità, calore e autenticità alle pitture, mantenendo intatto il legame con l’esperienza artigiana che Rembrandt incarnava, più di quattrocento anni fa.
Sorgenti e Approfondimenti: naturalpigments.com – colourlex.com – classicult.it – russell-collection.com – nature.com