• Pigmenti Preferiti di Frida Kahlo

I Pigmenti Preferiti da Frida Kahlo

Frida Kahlo (1907–1954) tradusse il proprio vissuto in una pittura intima e simbolica, dove ogni colore testimonia il dolore, la passione e l’identità culturale della pittrice messicana. La sua tavolozza mescolava pigmenti moderni a rimandi alla tradizione preispanica, per raccontare corpi feriti, fiori e nature morte cariche di simbologia. Comprendere i suoi pigmenti significa addentrarsi in un mondo in cui la materia cromatica diventa veicolo di memoria e di forza espressiva.

I Pigmenti della Tavolozza di Frida Kahlo

Frida Kahlo non preparava mai un fondo tradizionale: lavorava direttamente su masonite o tela, senza stendere gessi o primer, e costruiva le forme e i volumi “a vista”, con pennellate meticolose o impasti spessi. Le analisi quantitative condotte sui suoi autoritratti – attraverso digital colorimetry – mostrano una chiara predilezione per i toni a bassa lunghezza d’onda (rossi e gialli), scelti per caricare emotivamente le immagini e rendere tangibile il suo dolore fisico e psichico.

Al contempo, i microscampioni prelevati da Las Dos Fridas rivelano stratificazioni concentriche di bianco di zinco e biacca, con evidenze di saponi metallici da degradazione, confermando l’assenza di fondo tradizionale e l’immediatezza della stesura dei colori . Questa scelta – unica per l’epoca – trasforma ogni pigmento in un elemento narrativo: non più mero materiale, ma vero e proprio contenitore di significati, radicato nella memoria personale e collettiva.

Giallo di Cadmio

COLORE: Giallo Caldo

ORIGINE: Germania

Il giallo di cadmio era uno dei tocchi più vivaci nella tavolozza di Frida: steso in campiture ampie e stratificato in impasti densi, conferiva ai fiori e agli oggetti nei suoi quadri una luminosità quasi tangibile. Utilizzato per bouganville, frutta e dettagli ornamentali, questo pigmento sintetico garantiva una resa cromatica stabile alla luce e priva di viraggi nel tempo. Nelle nature morte di Viva la vida, Acqua e fiori, è evidente come il giallo cadmio sovrasti gli altri toni, diventando elemento narrativo capace di esprimere gioia di vivere e vitalità messicana.

Blu di Prussia

COLORE: Blu Freddo

ORIGINE: Germania

Tra le note fredde della tavolozza di Frida, il blu di Prussia è quello che compare con più insistenza. Impiegato per sfondi, cieli e vesti, questo pigmento sintetico veniva usato in modo diretto e pastoso, senza molte sfumature. La sua presenza è stata confermata in opere come L’amoroso abbraccio dell’universo e Autoritratto con collana di spine. Il blu di Prussia contribuiva a creare spazi mentali sospesi, lontani dalla realtà, e al tempo stesso comunicava malinconia, una tonalità ricorrente nella narrazione autobiografica dell’artista.

Nero Carbone

COLORE: Nero Intenso

ORIGINE: Europa

Il nero carbone era essenziale per la struttura dei dipinti di Frida, usato per definire i contorni netti delle figure e degli oggetti. Steso a pennello sottile, in impasti oleosi e secchi, offriva grande controllo nel disegno. Nelle ombre dei suoi ritratti, come in Diego nei miei pensieri, questo nero opaco conferisce profondità e gravità, mentre nei dettagli grafici si lega a una dimensione quasi simbolica: il contorno, per Frida, è anche separazione e isolamento. La sua struttura fine permetteva una fusione armonica con le altre tinte, senza prevaricarle.

Terra d’Ombra

COLORE: Marrone Caldo

ORIGINE: Cipro

La terra d’ombra naturale è uno dei pochi pigmenti terrosi presenti con continuità nelle opere di Frida. Utilizzata per i toni della pelle, le ombre calde e gli sfondi terrosi, si ritrova soprattutto in quadri come Autoritratto al confine tra Messico e Stati Uniti. La sua granulometria fine la rendeva ideale per impasti omogenei, mentre la sua tonalità calda contribuiva a legare i colori tra loro. In molte nature morte, questa terra agisce come base cromatica per frutti tropicali e fondi bruniti, dando coerenza all’insieme pittorico.

Vermiglione

COLORE: Rosso Brillante

ORIGINE: Cina, Europa

Frida impiegava il vermiglione in modo deciso e senza mediazioni. Questo rosso saturo, di origine sintetica, veniva usato per i dettagli più drammatici dei suoi quadri: fiori, sangue, cuori, vesti. Nelle opere Il cervo ferito e La colonna spezzata, il rosso vermiglione diventa veicolo di sofferenza e intensità emotiva. Grazie alla sua elevata opacità e alla saturazione cromatica, Frida riusciva a ottenere un impatto visivo immediato anche su superfici ridotte, costruendo contrasti netti che restano impressi.

Verde Cromo

COLORE: Verde Freddo

ORIGINE: Francia

Presente in molte tele per piante, fogliami e dettagli decorativi, il verde cromo è documentato in quadri come Frutti di stagione e Fiori di calle. Frida lo applicava a pennello spesso, senza sfumature, per isolare gli elementi vegetali e sottolinearne il valore simbolico. Il verde per lei non era mai neutro: indicava fertilità, abbondanza, ma anche prigionia (come nella simbologia dei cactus). La stabilità alla luce e la facilità di miscelazione del verde cromo lo rendevano un alleato fedele nella pittura ad olio.

Bianco di Zinco

COLORE: Bianco Neutro

ORIGINE: Francia

Il bianco di zinco compare come pigmento da taglio in quasi tutte le tele analizzate, soprattutto per schiarire rossi, gialli e verdi. A differenza del più coprente bianco di piombo, questo bianco è meno riflettente e offre toni più delicati. Frida lo usava con misura, senza creare eccessivi rilievi, soprattutto per i volti e i dettagli più intimi, come le mani e gli occhi. La sua trasparenza lo rendeva adatto a creare passaggi di tono e luce più morbidi, soprattutto nelle superfici carnose.

I Capolavori di Frida Attraverso i Suoi Pigmenti

Le opere di Frida Kahlo non possono essere comprese fino in fondo senza soffermarsi sui pigmenti che le compongono. La sua tavolozza, fatta di tinte sature, accese, ma anche di terre profonde e vellutate, era parte integrante della narrazione visiva. Frida non dipingeva soltanto con le forme o con i simboli: costruiva le emozioni con la materia stessa del colore, scegliendo ogni tonalità con cura, spesso ricorrendo a pigmenti che garantivano una resa stabile nel tempo, ma capaci anche di evocare il Messico arcaico e carnale a cui sentiva di appartenere. In queste opere iconiche – selezionate non solo per il loro valore artistico ma anche per la ricchezza delle analisi tecniche disponibili – possiamo osservare come i singoli pigmenti abbiano assunto un ruolo centrale: diventando pelle, sangue, frutta, cielo, foglia, o dolore. Le indagini scientifiche su queste tele, oggi conservate in musei di tutto il mondo, rivelano la coerenza e la profondità delle scelte cromatiche di Kahlo. Ogni colore è una voce nel suo racconto.

Le Due Frida (1939)

Museo di Arte Moderna, Città del Messico

In questo doppio autoritratto, dipinto subito dopo il divorzio da Diego Rivera, Frida costruisce due versioni di sé stessa vestite in modo opposto ma unite da un sistema sanguigno che le attraversa entrambe. L’intero impianto del quadro si regge su una struttura cromatica fortissima, fatta di contrasti simbolici e materiali ben definiti. L’abito bianco della Frida “europea” è stato dipinto con mescolanze di bianco di zinco e azzurrite, che donano al tessuto un tono freddo, quasi chirurgico. Il sangue che cola, invece, è stato costruito con rosso cadmio steso a più passaggi, in velature corpose, spesso accompagnato da una terra rossa che ne addolcisce le transizioni verso il tessuto. Il cuore esposto, muscoloso e pulsante, è uno degli elementi pittorici più carichi di materia: il pigmento qui è denso, ricco di impasti, e la superficie presenta graffi e segni che testimoniano un’applicazione fisica e gestuale. Le analisi a riflettografia e gli studi condotti presso il Museo Frida Kahlo hanno evidenziato un utilizzo del bianco di zinco come base comune sotto tutta la composizione, su cui Frida interveniva in modo mirato per creare luci e trasparenze. Il cielo sullo sfondo, cupo ma non del tutto uniforme, potrebbe essere stato ottenuto con neri naturali e piccole quantità di blu minerali. Ogni scelta cromatica in questo quadro – dalla saturazione del sangue al grigiore del cielo – parte da un pigmento vero, fisico, legato alla realtà, ma carico di significato simbolico.

Le due frida Frida Kahlo

Autoritratto con Collana di Spine (1306)

Museum of Modern Art, New York

Questo autoritratto, uno dei più iconici dell’artista, è costruito con una tavolozza controllata e fortemente espressiva. Il fondo verde scuro, profondo e saturo, avvolge la figura centrale e ne accentua la solitudine. I restauratori del MoMA hanno riscontrato tracce di terre verdi naturali, verosimilmente locali, forse arricchite con ossidi di manganese o altre terre ferruginose. Il volto emerge con una costruzione meticolosa ma diretta: la pelle è lavorata a velature con bianco di zinco, piccole dosi di rosso ossido e ocra gialla, stese in modo irregolare per simulare la reale texture cutanea. I fiori tra i capelli sono ottenuti con i due pigmenti più amati da Frida: rosso cadmio per le zone più accese e giallo cadmio per i riflessi e i petali centrali. La collana spinosa che si attorciglia attorno al collo è delineata con neri naturali – probabilmente nero carbone vegetale – applicati in maniera fine, quasi da miniatura, per restituire la sensazione tattile delle spine. Il colibrì nero al centro del petto, simbolo ambiguo di morte e resurrezione, è dipinto con una stesura piatta di nero mescolato a piccole quantità di blu, forse azzurrite o un pigmento minerale simile, che restituisce riflessi appena percepibili. In questo dipinto, l’armonia tra pigmenti caldi e freddi è ottenuta con un controllo sorprendente della materia pittorica.

Viva la Vida (1954)

Museo Frida Kahlo, Città del Messico

Completato pochi giorni prima della sua morte, “Viva la Vida” è un inno visivo e cromatico alla vita, attraverso un elemento concreto e simbolico: l’anguria. Qui, Frida lavora con colori pieni, stesi senza risparmio, secondo uno stile che rievoca certe pitture popolari messicane. Il rosso della polpa – brillante, carnoso, immediato – è costruito con rosso cadmio applicato quasi puro, probabilmente con l’aggiunta di olio di lino o una resina locale per aumentarne la brillantezza. Le striature e i semi neri sono ottenuti con nero carbone, steso in modo spesso e quasi grafico. Le bucce, di un verde giallastro molto acceso, mostrano una miscela di giallo cadmio, terra verde e bianco, probabilmente bianco di zinco, usato per modulare la brillantezza. Le lettere bianche della scritta “Viva la Vida” – che sembrano scolpite nel frutto – sono ottenute con una stesura diretta di bianco di zinco senza velature, in modo da emergere fortemente sul fondo. In questo quadro, i pigmenti diventano il mezzo più diretto per urlare un messaggio al mondo, senza filtri né simbolismi oscuri. Il rosso è vita, il nero è limite, il verde è rigenerazione. E tutti questi significati passano attraverso la materia reale del colore.

La Collana Spezzata (1944)

Museo Dolores Olmedo, Città del Messico

In “La colonna spezzata” Frida rappresenta sé stessa come corpo sacrificale, trafitto da chiodi, con il busto aperto da cui emerge una colonna architettonica rotta. La pittura qui si fa asciutta, quasi dolorosa nella sua sobrietà, e i pigmenti usati sono tra i più semplici e crudi della sua tavolozza. Il fondo azzurro pallido è stato realizzato con un pigmento minerale come azzurrite, molto diluito, su una base chiara di bianco di zinco. Il volto e il corpo nudo della pittrice sono costruiti con ocra gialla, bianco, e tracce di terra rossa, applicati a velature sottili, con minimi contrasti per suggerire la fragilità dell’epidermide. La colonna interna, spezzata ma ancora eretta, è dipinta con toni spenti – grigi ottenuti con terra d’ombra e bianco –, che evocano un’antichità friabile. I chiodi neri sono resi con nero carbone, posato direttamente sulla superficie asciutta, con segni netti, senza sfumature. Tutto in questa composizione è subordinato alla figura e al suo peso simbolico. Il colore è ridotto all’essenziale, ma ogni pigmento impiegato è stato scelto con precisione per trasmettere il dolore fisico e spirituale dell’artista, senza retorica, solo con la materia.

la colonna spezzata frida kahlo

Usare i Colori di Frida Kahlo Oggi

Riprendere i pigmenti di Frida Kahlo oggi significa molto più che imitare una tavolozza. Vuol dire recuperare un modo di intendere la pittura in cui il colore è vissuto, fisico, portatore di senso. Le sue scelte non rispondevano alla moda o alla convenienza, ma a un’urgenza espressiva radicata nella materia stessa del pigmento. Il blu oltremare non era solo una tinta profonda: era un cielo mitico. Il giallo cadmio non serviva solo a illuminare: era il frutto maturo, la vitalità sudamericana, l’oro simbolico del sole. Le terre naturali, i verdi intensi e i rossi organici parlavano la lingua della carne, della terra e delle emozioni. Frida Kahlo ci lascia una lezione concreta: il colore non è un ornamento, è un’identità. E i pigmenti con cui ha dipinto, molti dei quali ancora disponibili in commercio per chi sceglie materiali naturali e tradizionali, sono strumenti vivi per chi vuole raccontare la propria storia con la stessa forza e sincerità.

Sorgenti e Approfondimenti: pmc.gov  – pubs.acs.org  – russell-collection.com