I Materiali dell’Antica Roma: La Calce Idraulica

La calce idraulica rappresenta uno dei pilastri dell’ingegneria romana, capace di indurire e mantenere stabilità anche in presenza di umidità costante. Sin dai tempi di Vitruvio, il suo impiego si diffuse in tutti quegli ambienti soggetti a contatto con l’acqua – dalle vasche termali ai canali di distribuzione – grazie alla sua particolare composizione: calcare cotto insieme a impurità argillose, che ne conferiscono proprietà di presa in ambienti umidi. La versatilità di questo legante si misura nella rapidità con cui passa dallo stato plastico a una solida armatura interna, permettendo di realizzare intonaci impermeabili, malte portanti e persino grandi strutture in opus caementicium.

Nel corso dei secoli, la calce idraulica ha dato forma a domus romane, rivestimenti di piscine e persino alle fondamenta di ponti, dimostrando una durabilità che i materiali moderni faticano a eguagliare. Oggi, studi chimici e sperimentazioni pratiche confermano che il suo segreto risiede nella reazione tra la calce viva e le particelle silicee e alluminosilicatiche, che genera gel di silicato di calcio idrato, la “colla” naturale in grado di resistere alle sollecitazioni e alle muffe.

Origine Geologica e Tipologie

della Calce

La calce idraulica trae origine da rocce calcaree naturalmente impure, dove il calcare è mescolato a particelle argillose o silicee. Questi giacimenti si trovano in zone come i Monti Lepini e i Colli Albani, così come in molte aree marine ricche di margini marinesi. Il materiale viene estratto in forma di marne o calcari bituminosi, che contengono fra il 10 e il 30 % di componenti argillose.

I Monti Volsci del Lazio sono ricchissimi di pietre calcaree

I Monti Volsci del Lazio sono ricchissimi di pietre calcaree

A confronto, la calce aerea nasce da calcare molto più puro: dopo cottura e spegnimento, le malte ricavate – le cosiddette “calci spente” – induriscono solo a contatto con l’anidride carbonica dell’aria, rimanendo vulnerabili all’umidità. La calce idraulica, invece, “prende” anche sott’acqua grazie alle impurità cotte insieme al calcare, che formano composti di silicato di calcio idrato (C-S-H). Esistono diverse tipologie di calce idraulica, in base al contenuto argilloso:

  • NHL 2 (Natural Hydraulic Lime 2): basso contenuto idraulico, presa lenta, usata in restauri delicati.
  • NHL 3.5: medio contenuto, equilibrio fra presa e resistenza, impiegata per intonaci strutturali.
  • NHL 5: alto contenuto, presa più rapida e resistenza iniziale elevata, adatta a getti portanti e malte per fondazioni.

Estrazione e Preparazione

della Calce Idraulica

La produzione iniziava in cava. Dopo aver individuato banchi di marna o calcare bituminoso, gli operatori staccavano blocchi con scalpelli e picconi, quindi li frantumavano a martellate. Una volta ridotta in frammenti di pochi centimetri, la pietra veniva caricata nei forni – spesso a doppia camera – alimentati a legna o carbone.

  1. Cottura (900–1 000 °C):
    • Le impurità argillose fondono parzialmente, creando fasi silicee e alluminosilicatiche.
    • Il materiale perde CO₂ e si trasforma in “calce viva idraulica”.
  2. Spegnimento:
    • La calce viva veniva versata in vasche d’acqua, generando calce spenta sotto forma di pasta.
    • I tempi di spegnimento variavano da alcune ore a un giorno, per garantire la distribuzione uniforme dell’umidità.
  3. Macinazione e Setacciatura:
    • La pasta scolata e leggermente asciugata veniva portata in macine a ruote orizzontali o verticali.
    • Si setacciava fino a ottenere polvere fine (< 100 µm), misura ottimale per la reattività idraulica.

Nei cantieri urbani, calce e sabbie venivano stoccate separatamente: al momento dell’uso si mescolavano a secco (proporzioni 1 parte di calce, 2–3 di aggregato) e si aggiungeva acqua direttamente in cantiere, regolando la consistenza in base all’impiego (getto, intonaco, stucco).

Le Pietre Calcaree da cui viene ricavata la calce

Le Pietre Calcaree da cui viene ricavata la calce

Proprietà Chimico-Fisiche

Della Calce Idraulica

Alla base dell’efficacia della calce idraulica c’è una reazione chimica tra l’idrossido di calcio e le fasi silicee e alluminosilicatiche generate in cottura. Non appena l’acqua innesca la mescola, si formano prodotti di idratazione simili ai silicati di calcio idrato (C-S-H) presenti nei cementi moderni, ma in una struttura più aperta e «resiliente».

Nei primi giorni, l’impasto progressivamente irrigidisce: le particelle di C-S-H si dispongono intorno ai granuli di inerte, saldandoli in una matrice compatta. Dopo alcune settimane, la malta raggiunge già buona parte della sua resistenza finale, mentre nei mesi successivi continua a maturare, consolidando una microstruttura che limita il ritiro e riduce la formazione di microfessure.

La Calce è presente in tutte le grandi opere dell'Impero Romano

La Calce è presente in tutte le grandi opere dell’Impero Romano

Inoltre, l’alcalinità iniziale (pH > 12) non solo favorisce la formazione del gel C-S-H, ma svolge un’importante funzione antibatterica e antimuffa. Grazie a questo doppio effetto – meccanico e biologico – la calce idraulica si è dimostrata ideale per ambienti costantemente umidi.

Principali Impieghi nell’Antica Roma

  • Opus Caementicium: getti in casseforme, strati di 30–40 cm pressati e livellati, per muri e volte monocentriche.
  • Intonaci strutturali: tre strati (arriccio, mezzovelo, finitura) stesi su supporto in laterizio o pietra, spessori totali fino a 20 mm.
  • Stucchi: miscele più fini con sabbie leggere e fibre vegetali, applicate in modanature e nicchie, garantendo adesione e flessibilità.

La Calce Idraulica Nelle Opere Romane

Tecniche ed Utilizzi

La Domus

Nelle residenze patrizie, la calce idraulica veniva sfruttata per garantire solidità e igiene degli ambienti più signi­ficativi. Nei sottofondi dei mosaici era mescolata a sabbie fini e cocciopesto per creare un supporto appena elastico, capace di assorbire piccoli assestamenti senza compromettere l’aderenza delle tessere. I cortili interni, spesso dotati di fontane o ninfei, erano impermeabilizzati con intonaci idraulici stesi in più mani, spessi anche 10 millimetri, a protezione dei muri lignei e delle fondazioni. In alcune domus pompeiane sono stati rinvenuti frammenti di intonaco idraulico decorato a finto marmo, testimoniando come i Romani combinassero funzionalità e decoro, scegliendo pigmenti miscelati direttamente nella malta per migliorare durata e resa cromatica.

I Ponti

I ponti romani dovevano sopportare sia il peso delle strutture sovrastanti sia le sollecitazioni dinamiche del traffico e delle acque di piena. Nei giunti tra i conci lapidei, la calce idraulica assicurava tenuta e flessibilità: questi giunti erano spesso larghi 1–2 centimetri per consentire piccoli movimenti senza generare crepe. Le fondazioni sommerse, immerse in correnti impetuose, venivano gettate direttamente in cassaforma, dove la malta idraulica presa anche sott’acqua consolidava il basamento. Nel celebre Ponte di Alcántara, analisi moderne hanno rilevato che la malta idraulica conteneva proporzioni di pozzolana e scaglie di tufo studiate per contrastare l’erosione fluviale e mantenere le pile compatte nonostante le continue inondazioni.

Le Terme

Le strutture termali richiedevano un’impermeabilizzazione assoluta e una resistenza alle alte temperature e al vapore. Nei frigidaria e nei tepidaria, un nucleo di opus caementicium era rivestito con uno strato di malta idraulica spesso fino a 15 cm, additivata con cocciopesto e cenere vulcanica fine. Sulle superfici interne delle vasche, questa malta veniva levigata fino a ottenere una finitura quasi specchiante, completata da pigmentazioni naturali che ne miglioravano l’impermeabilità. Le Terme di Caracalla offrono un esempio perfetto: i rivestimenti in calce idraulica, analizzati con tecniche archeometriche moderne, mostrano una stratificazione studiata per isolare le murature portanti dal contatto diretto con l’acqua calda, mantenendo intatte le proprietà meccaniche e chimiche dopo secoli di servizio.

Gli Anfiteatri

Negli anfiteatri, le murature a volte e la cavea – l’insieme dei gradoni – si reggevano su una struttura in opus caementicium legato da calce idraulica. I getti, organizzati in moduli di 30–50 cm, venivano compattati in casseforme lignee e lasciati stagionare per permettere una presa omogenea. Il risultato era un blocco monolitico capace di distribuire uniformemente le spinte orizzontali generate dal pubblico e dal peso delle volte soprastanti. Nel Colosseo, le analisi sui campioni di malta hanno evidenziato l’uso di arene vulcaniche di diversa granulometria, combinate per ottimizzare la rapidità di presa durante le fasi di costruzione e garantire durabilità nel tempo.

Gli Acquedotti

La rete acquedottistica romana utilizzava calce idraulica in ogni suo elemento, dalle canalizzazioni sotterranee alle arcate aeree. All’interno dei condotti in muratura, uno strato di malta di 5–8 mm veniva applicato quando i conci erano ancora umidi, assicurando una finitura liscia che minimizzava perdite e incrostazioni. Sui piloni di sostegno, l’opus caementicium formava un nucleo robusto, mentre la calce idraulica delle parti ester­ne resisteva agli sbalzi termici e all’umidità atmosferica. Gli acquedotti più complessi, come Claudio e Anio Novus, presentano tratti in cui la malta idraulica è stata aggiunta successivamente per riparare sezioni danneggiate, segno della facilità d’uso e della compatibilità con il materiale originale.

La Calce Idraulica nell’Edilizia Moderna

Conclusioni

Negli oltre duemila anni che separano oggi dall’apertura del primo acquedotto romano, la calce idraulica ha dimostrato una resilienza fuori dal comune: è stata impiegata per sostenere arcate, impermeabilizzare piscine, rivestire e decorare mura portanti e oggi offre spunti preziosi per un’edilizia più sostenibile. Dietro a questa apparente semplicità si nasconde un equilibrio chimico che il calcare impuro – cotto insieme alle argille – traduce in una matrice di silicati di calcio idrato, capace di indurire a contatto con l’acqua e di resistere a vetri termici, muffe e sollecitazioni meccaniche.

Gli studi del Lawrence Berkeley Lab e del CISMA hanno messo in luce la complessità delle “ricristallizzazioni” interne che avvengono nella calce idraulica in un arco temporale di mesi o anni, un fenomeno difficile da replicare con additivi industriali o materiali sintetici. Così, mentre l’industria tenta soluzioni alternative basate su additivi e collanti chimici, emergono sempre più spunti per valorizzare la calce idraulica naturale, considerata non più un semplice residuo del passato, ma un elemento chiave per un’economia circolare dell’edilizia.

SORGENTI E APPROFONDIMENTI SULLA CALCE ROMANA: coreconservation.co.uk – sciencedirect.com – mit.edu – science.org – bancadellacalce.it