I Materiali dell’Antica Roma: il Cocciopesto

Il cocciopesto è uno dei segreti meglio custoditi dell’ingegneria romana, un materiale che trasforma frammenti di laterizi in malta idraulica in grado di resistere all’acqua e agli anni. In un impasto essenziale – calce idraulica, sabbia e cocci – si nascondono soluzioni adatte a un’infinità di applicazioni: dai pavimenti dei peristili alle vasche delle terme, dalle cisterne di raccolta alle canalizzazioni sotterranee. A Pompei, a Ostia e lungo le vie d’acqua di tutto l’Impero, questa malta trovò impiego nei pavimenti dei cortili, nei rivestimenti di cisterne e vasche, nei canali di scolo e persino nei passaggi dei grandi anfiteatri, dove la durabilità e l’impermeabilità erano requisiti imprescindibili.

L’aspetto più interessante è che, pur semplice nella formula, il cocciopesto riusciva a rispondere a esigenze molto diverse: dalla rapidità di posa negli spazi di servizio al massimo grado di finitura nei mosaici di pregio, offrendo sempre un’elevata coesione e una perfetta tenuta idrica. Negli ultimi anni, la riscoperta di questa tecnica antica ha stimolato sperimentazioni nel campo della bioedilizia: intonaci traspiranti, rivestimenti interni ed esterni e sottofondi isolanti sfruttano nuovamente il potenziale del cocciopesto, integrando conoscenze storiche e normative moderne. 

Origine Geologica e Tipologie

del Cocciopesto Romano

Il termine “cocciopesto” deriva proprio da cocci, i frammenti di laterizi – tegole, mattoni, piastrelle – che venivano riciclati e ridotti in tre diverse classi granulometriche, ciascuna studiata per svolgere funzioni specifiche all’interno della malta:

  • Cocci grossolani (5–10 mm)
    Questi frammenti formano lo “scheletro” portante del cocciopesto. Grazie alla loro dimensione, creano una rete interna in grado di sopportare sollecitazioni meccaniche elevate. In ambiti come le fondazioni sommerse o i sottofondi dei pavimenti, i cocci grossolani assicurano stabilità volumetrica e contrastano l’insorgenza di fessurazioni.
  • Cocci medi (1–5 mm)
    Collocati tra gli elementi grossolani e quelli fini, i cocci medi migliorano la coesione della malta incastrandosi negli spazi, aumentando la resistenza alle infiltrazioni. Agiscono da “ponte” meccanico e chimico, favorendo la formazione omogenea del gel di silicato di calcio idrato (C-S-H) attorno agli aggregati.
  • Cocci fini (< 1 mm)
    Questi frammenti polverizzati sono essenziali per la finitura e per ottimizzare la reazione idraulica. Riempiono i vuoti residui tra i cocci più grandi, riducono la porosità capillare e contribuiscono a una superficie liscia pronta per la levigatura. Inoltre, la loro elevata area superficiale accelera la presa iniziale, rendendo più rapida la lavorazione.

La combinazione bilanciata di queste frazioni, unita a una calce idraulica di buona qualità e a sabbie naturali – preferibilmente silicee – garantiva un materiale stratificato il cui comportamento andava calibrato in base all’uso: spessori maggiori e granulometrie più robuste nelle strutture portanti; miscele più fini e ricche di cocci piccoli nelle finiture decorative.

La Campagna Romana è una zona ricca di argille

La Campagna Romana è una zona ricca di argille ideali per realizzare i mattoni

Estrazione e Preparazione

del Cocciopesto Romano

I laterizi costituivano la materia prima primaria da cui scaturivano i cocci per il cocciopesto. Gli artigiani romani innanzitutto individuavano le vene di argilla lungo gli argini dei fiumi o in solchi appositamente scavati attorno alle aree urbane. L’argilla veniva cavata a mano, setacciata sul posto per eliminare radici e pietruzze, quindi messa a maturare all’aperto per diverse settimane: questo “riposo” permetteva di equilibrare l’umidità naturale del terreno, rendendo l’impasto più plasticamente lavorabile.

Nelle officine di laterizi, i vasai formarono i “tegulaio” – grandi letti di argilla – che venivano impastati con acqua fino a diventare “pasta plastica”. Con stampi in legno, gli operai ricavavano tegole piane (tegulae) o mattoni cubici/regolari (lateres).

I Mattoni erano il materiale da costruzione principale nell'antica Roma

I Mattoni erano il materiale da costruzione principale nell’antica Roma

Gli scarti erano inevitabili: tegole deformate, mattoni spaccati o scheggiati, pezzi rimasti irregolari nel taglio o nell’asciugatura. Invece di gettarli, i cantieri raccoglievano questi cocci difettosi in cumuli accanto al forno. Una volta completata la cottura, a 900–1 000 °C, le parti buone entravano in circolo per rivestimenti e pavimentazioni, mentre quelle danneggiate venivano frantumate con mazzette di pietra. Il risultato era un assortimento di scaglie di varia dimensione, pronte per essere setacciate e mescolate alla calce idraulica: così nasceva il cocciopesto, che tramutava il rifiuto in un elemento costruttivo prezioso e perfettamente integrato nell’economia romana. Nei cantieri romani la preparazione del cocciopesto seguiva fasi ben definite:

  1. Raccolta e cernita dei cocci
    Frammenti di tegole, mattoni di spoglio e resti di laterizi venivano selezionati per durezza e pulizia, eliminando parti friabili o contaminate da materiale organico.
  2. Frantumazione e setacciatura
    Con mazzette e pestelli in pietra, i cocci venivano ridotti alle dimensioni desiderate, quindi setacciati attraverso griglie metalliche per ottenere le tre granulometrie.
  3. Miscelazione a secco
    In aree riparate, calce idraulica e sabbie fini venivano mescolate ai cocci secondo proporzioni tipiche (1 parte di calce, 2 di cocci, 3 di sabbia), ottenendo un impasto omogeneo pronto per l’aggiunta d’acqua.
  4. Aggiunta d’acqua e maturazione
    L’introduzione graduale di acqua, acompanhata da rimescolamenti, assicurava la formazione di una pasta plastica. Spesso si lasciava riposare l’impasto 1–2 ore per favorire l’interazione iniziale tra calce e cocci.

Proprietà Chimico-Fisiche

Del Cocciopesto Romano

Il cocciopesto deve la sua efficacia non solo alla natura idraulica della calce di base, ma al ruolo attivo dei cocci come componenti funzionali.

Reazione idraulica avanzata
A differenza di una semplice malta aerea, il cocciopesto sviluppa gel di silicato di calcio idrato (C-S-H) grazie all’interazione tra l’idrossido di calcio della calce e la silice contenuta nei frammenti ceramici. Questo reticolo gel-like non solo chiude i pori capillari, ma si integra con la superficie ruvida dei cocci, creando autentici “ponti” che collegano tra loro i pezzi più grossi.

Assorbimento e rilascio dell’umidità
La presenza di frammenti ceramici favorisce una regolazione naturale dell’umidità: i cocci medi e fini fungono da riserva, assorbendo l’acqua in eccesso e rilasciandola lentamente quando l’ambiente si asciuga. Questa capacità igrometrica protegge le strutture lignee adiacenti e riduce lo stress delle giunzioni in ambienti umidi o soggetti a cicli di bagnatura-asciugatura.

Rigidità e duttilità bilanciate
Grazie allo “scheletro” dei cocci grossolani, il cocciopesto offre un’elevata resistenza a compressione, mentre le frazioni medie e fini mitigano la tendenza alla fessurazione concentrata. Il risultato è un materiale che mantiene una leggerezza percettibile al tatto ma sacrifica pochissimo in resilienza: ideale laddove sia necessario un leggero “cedimento” elastico, ad esempio sotto i primissimi gradini dei mosaici in domus.

Resistenza a muffe e sali
L’alcalinità iniziale della malta — con pH superiore a 12 — ostacola la proliferazione microbiologica. Inoltre, i cocci privi di carbonati assorbono meno sali solubili e non subiscono gli stessi fenomeni di “efflorescenza” tipici delle malte pure: le superfici rimangono pulite più a lungo, senza depositi di salnitro o punte di calcite.

Durabilità secolare
L’analisi di campioni storici mostra che, dopo duemila anni, il cocciopesto conserva oltre il 60% della resistenza originale. Questo dato nasce dalla stabilità chimica del C-S-H e dalla protezione meccanica offerta dai cocci: anche quando lo strato superficiale subisce microerosione, il cuore della malta rimane intatto, pronto a sopportare nuovi cicli di usura.

Pavimenti in Cocciopesto nel sito archeologico del Palatino

Pavimenti in Cocciopesto nel sito archeologico del Palatino

Vitruvio sul Cocciopesto

Vitruvio, nel Libro V del De Architectura (cap. 10), descrive l’opus signinum – l’antenato del cocciopesto – come malta ottenuta miscelando calce viva “spenta” con frammenti di laterizi e terra rossa fine, il tutto battuto e levigato in più strati fino a ottenere una superficie liscia e impermeabile. Consiglia l’applicazione di uno strato di base più grossolano, seguito da una finitura fine, e segnala l’uso di questo rivestimento nelle cisterne, nei dromoi delle terme e nelle condutture d’acqua, dove la tenuta idrica dev’essere assoluta. Vitruvio sottolinea inoltre l’importanza di lasciar stagionare ogni mano per due o tre giorni, in modo da garantire coesione e durevolezza nel tempo.

Il Cocciopesto Nelle Opere Romane

Tecniche ed Utilizzi

Domus e Residenze

Nelle abitazioni patrizie, il cocciopesto trovava posto sia nei pavimenti dei peristili sia nei rivestimenti delle piccole vasche decorative. Dopo aver steso uno strato di arriccio grezzo, i muratori applicavano un mezzovelo di malta arricchita con cocci medi, posizionando poi il cocciopesto di fine granulometria come ultimo strato. Questo “letto” impermeabile non solo proteggeva la muratura sottostante dall’umidità, ma garantiva anche una superficie omogenea e leggermente elastica, ideale per la posa di mosaici e lastre marmoree. A Pompei, in alcune domus di élite, resti di pigmenti rossi e ocra sono stati trovati miscelati al cocciopesto di finitura, segno di un’attenzione estetica che univa praticità e decoro.

Ponti e Collegamenti

Sui ponti rurali e sulle passerelle di collegamento, il cocciopesto veniva utilizzato per sigillare le fughe tra conci lapidei e mattoni. Nei giunti più esposti alle acque di piena, si applicavano mani successive di malta grossolana e cocciopesto, creando un “guscio” impermeabile spesso anche 2 cm. Nel Ponte di Glanum, in Gallia Narbonensis, analisi recenti hanno evidenziato l’uso di cocciopesto in cui frammenti di tegole locali erano scelti per la loro resistenza al gelo e al gelo-disgelo, dimostrando come i Romani adattassero la ricetta alle condizioni climatiche. Questa tecnica garantiva sia coesione meccanica sia protezione chimica contro la corrosione dei sali disciolti nelle acque.

Terme e Spazi Umidi

Nelle terme, il cocciopesto assumeva un ruolo strategico nella tenuta idraulica di vasche, canali di alimentazione e pavimenti dei frigidaria e degli apodyteria. Qui si stendevano strati di malta idraulica alternati a cocciopesto fino a raggiungere spessori di 20–25 mm: il risultato era un rivestimento resistente ai cicli di riscaldamento e raffreddamento, al vapore e all’acqua stagnante. Le Terme del Foro a Pompei mostrano ancora tracce di finitura rossa, ottenuta miscelando piccoli frammenti di cocci con pigmenti naturali, a testimonianza di un approccio che univa impermeabilità, durabilità e resa cromatica. Questa tecnica garantiva non solo la perfetta tenuta, ma anche un ambiente igienicamente sano, grazie al pH alcalino della malta che contrastava muffe e batteri.

Teatri e Anfiteatri

Nei passaggi coperti e nei vani di servizio degli anfiteatri, dove era essenziale una superficie robusta e facile da pulire, il cocciopesto era scelto in spessori relativamente sottili (5–8 mm), ma straordinariamente compatti. Le murature venivano preparate con un primo strato di malta idraulica, sul quale si posava il cocciopesto mescolato a sabbie fini: questa combinazione garantiva resistenza all’usura del calpestio e alle sollecitazioni dovute alle vibrazioni degli spalti. Nei sotterranei del Colosseo sono stati rinvenuti resti di questo rivestimento, accompagnati da impronte di utensili che testimoniano la cura con cui veniva levigato a mano, ottenendo superfici quasi specchianti.

Acquedotti e Cisterne

L’applicazione più famosa del cocciopesto è forse quella nelle grandi cisterne e nei canali di approvvigionamento idrico. Nelle condotte sotterranee, i tecnici realizzavano tre stesure successive: un arriccio grossolano, un mezzovelo con cocci medi e infine un cocciopesto fine, spesso 15–20 mm, levigato con raschiatoi di legno. La cisterna di Baia e la Piscina Mirabilis a Miseno conservano ancora intatti questi rivestimenti, i cui campioni moderni mostrano assorbimenti d’acqua inferiori al 3 %. Grazie a questa guaina interna, gli acquedotti potevano trasportare acqua a grandi distanze senza perdite significative né fenomeni di incrostazione.

Il Cocciopesto nell’Edilizia Moderna

Conclusioni

Il cocciopesto, nato come soluzione intelligente per recuperare scarti di laterizi, conserva oggi un ruolo sorprendentemente attuale nell’edilizia sostenibile. Le sue caratteristiche – impermeabilità naturale, regolazione igrometrica e durabilità secolare – rispondono perfettamente alle esigenze di chi cerca alternative a materiali energeticamente costosi o chimicamente aggressivi.

Nei progetti di restauro, l’impiego di cocciopesto garantisce piena compatibilità con le strutture storiche: la malta finale, rigenerata con frammenti locali, si lega ai supporti antichi senza provocare tensioni, evita distacchi e mantiene intatta la “voce” del monumento. Al tempo stesso, nelle nuove costruzioni a basso impatto, miscele di calce idraulica, cocci riciclati e sabbie naturali danno vita a intonaci traspiranti e massetti isolanti che regolano naturalmente l’umidità, contrastando muffe e condense senza l’ausilio di prodotti chimici. Riprendere la strada del cocciopesto significa non solo onorare un’eredità millenaria, ma anche tracciare un percorso verso un’edilizia che coniughi estetica, resistenza e rispetto per l’ambiente.

SORGENTI E APPROFONDIMENTI SUL COCCIOPESTO ROMANO: sciencedirect.com – engineeringrome.org – academia.eduimastrifornaciai.it – topcollection.it – villaedilizia.it