
Caverna di Paviland luogo del ritrovamento della Signora Rossa
Possiamo immaginare che il primo vero utilizzo del colore sia avvenuto in modo piuttosto semplice. In un certo punto della preistoria, un’uomo ha preso una manciata di terra di ocra umido e l’ha utilizzata per colorare la propria pelle e darsi un nuovo aspetto, magari con l’intento di incutere timore o di dimostrare una certa superiorità sociale. E’ sensato presumere quindi che prima ancora dei più noti utilizzi nelle pitture rupestri per dipingere le pareti delle caverne, il primo ruolo giocato dal colore nella storia dell’umanità fosse proprio quello cosmetico e questa pratica è appunto presente in quasi tutte le civiltà più antiche e arcaiche.
Le tracce più antiche riguardo all’uso del colore risalgono al paleolitico medio e dunque riconducibili addirittura all’uomo di Neandertal e la storia della loro scoperta è molto interessante.
Nel 1908 tre ricercatori francesi, Jean Bouyssonie, Amédée Bouyssonie e Dandrè Bardon, durante le loro esplorazione nel sud-ovest della Francia scoprirono la Chapelle-aux-Saints con all’interno uno scheletro che sarà successivamente datato come risalente a oltre 50.000 anni. Questa scoperta, oltre a certificare la presenza di un rito funebre, ha mostrato anche l’utilizzo della terra ocra rossa che veniva utilizzato per colorare il capo e il petto del defunto. Esistono anche altre testimonianze di questa pratica presso la razza neandertaliana come La Signora Rossa, ritrovamento risalente al 1823 presso la grotta Paviland nel Galles meridionale e molte altre in luoghi più remoti come il Giappone e il Nord America.
Le Prime Decorazioni

Pitture rupestri con Ocra Rosso e Nero
La decorazione rupestre più antica tra quelle conosciute è probabilmente quella delle Grotte di Gargas dove si trovano le celebri “impronte di mani” che sono state realizzate con due metodi semplici. Alcune sono state ottenute semplicemente imbrattandosi il palmo con la polvere d’ocra e premendo il palmo sulle pareti della roccia, altre invece sono state realizzate appoggiando la mano sulla parete per poi soffiare la polvere intorno ad essa. Il colore principale è l’ocra rosso ma si possono notare anche molte impronte nere che sono state realizzate sfruttando invece il biossido di manganese naturale. Anche se quelle di Gargas sono quelle più antiche, esistono molti altri esempi di grotte con la presenza di pitture rupestri di questo genere come le grotte di Cabarets nel Perigord in Francia e quelle nelle Cuevas Del Castillo e d’Altamira in Spagna.
Per trovare le prime decorazioni evolute dobbiamo andare in quella che è conosciuta come la Grotta delle Meraviglie, vale a dire la Grotta di Peche-Merle dove è possibile trovare il dipinto di due cavalli di grandi dimensioni dove l’ocra rossa viene utilizzato questa volta con una tecnica più complessa.
Seguendo l’ordine di queste scoperte si può dire che le ocre rosse sono state il primo vero colore dell’uomo, subito seguiti dal nero ottenuto dal carbone e dalla fuliggine e solo successivamente sono comparse le prime ocre brune e gialle.
Il Passaggio Alla Policromia
Con il progresso del segno ed i primi tentativi di un disegno modellato, anche l’uso del colore evolve. Nei dipinti rupestri l’archeologo Joseph Déchelette individua circa 15 tipologie di pigmenti diversi utilizzate, a partire dalle già citate ocre rosse di cui sono presenti tantissime varianti, le ocre gialle e i neri fino ad arrivare ai primi bianchi di origine calcarea.
Le Grotte di Lascaux, che i francesi definiscono come la Cappella Sistina della preistoria, sono l’esempio perfetto dell’evoluzione dell’arte decorativa avvenuta durante il paleolitico, dove è facile notare un progresso significativo nelle forme e nell’uso del colore. Un’altro celebre esempio di questa forma di arte complessa è quella della grotte di Altimara dove tra le tante rappresentazioni rupestri è presente quella che è nota come la “sala delle pitture” che presenta una volta ricoperta di figure rappresentanti vari animali come cervi, cinghiali e cavalli.

Le Grotte di Lascaux – La Cappella Sistina della Preistoria
In Italia gli esempi di pitture rupestri sono piuttosto scarsi e quelle più degne di nota sono le Grotte Romanelli in Puglia, dove è possibile notare l’utilizzo dell’ocra rosso in alcune pitture rupestri dalle forme semplici, scoperta ritenuta importante anche in quanto testimonianza della presenza dell’uomo delle caverne in quelle zone durate il Paleolitico.
Dunque con il tempo l’arte decorativa e l’utilizzo del colore hanno iniziato ad assumere sempre più importanza nella struttura sociale e di conseguenza l’utilizzo dei pigmenti naturali è diventato sempre più raffinato aiutando a sviluppare un senso dell’arte all’interno di una società primitiva dove la sopravvivenza era il primo valore assoluto aiutando cosi al passaggio dell’uomo primitivo verso forse di convivenza più complesse e organizzate. Anche se per un’evoluzione ulteriore legata al colore, con la ricerca di colori più freddi come il verde e il blu bisognerà aspettare l’arrivo della civiltà Egizia mentre per decine di miglia di anni l’uomo utilizzerà solo la gamma cromatica dei colori caldi conosciuti.
Le Terre Naturali Della Preistoria
Qui vediamo quindi il riassunto delle terre naturali che possiamo definire preistoriche, vale a dire di quei pigmenti naturali il cui uso nel Paleolitico, come abbiamo visto, è stato certificato da numerosi studi e ricerche.
I Leganti Della Preistoria
Individuare con certezza quali leganti fossero usate durante la preistoria per far aderire i pigmenti colorati alla roccia non è possibile, il processo di fossilizzazione ha reso inutile ogni tentativo di identificazione e dunque possiamo solo fare delle ipotesi. Le opzioni a disposizione dell’uomo preistorico sono quelle fornite dalla natura e che sono stati utilizzati come leganti da quasi tutte le civiltà della storia: grassi, colle animali, uova, miele, cere e sangue sono tra quelli più probabili perchè di disponibilità immediata e perchè per il loro utilizzo non è necessario alcun trattamento. Probabilmente la risposta non è univoca e questi leganti naturali sono stati utilizzati tutti in base al periodo storico e alla disponibilità nelle varie zone geografiche.
Quello che è certo è che tutti questi ritrovamenti sono un’ulteriore conferma della potenza dei materiali forniti dalla natura al loro stato primordiale. Le datazioni di alcune di queste pitture dimostrano la capacità di sopravvivere al tempo e alle epoche come nessun materiale di produzione industriale sarebbe in grado di fare, perchè la necessità di armonizzarsi con l’ambiente è un requisito fondamentale se si vuole creare un’arte che permane nel tempo. Per questo oltre al fortissimo valore storico-culturale delle scoperte preistoriche che ci permettono di conoscere meglio la cronologia storica dell’uomo, le pitture rupestri sono anche un’insegnamento di come l’arte più semplice è quella più duratura.
Per chi volesse approfondire questi argomenti consigliamo la lettura del bellissimo libro di Luciano Colombo “I Colori Degli Antichi” edito per Nardini Editore (1995)