• Verdi Storici

I 10 Verdi Storici più Iconici

I Pigmenti Verdi dalla lunga storia e tradizione

Nel corso dei millenni, il verde è passato da semplice riflesso della natura a vero protagonista delle superfici artistiche e decorative. Ogni pigmento racchiude una storia di luoghi, tecniche e scoperte: dalle argille glauconitiche delle colline veronesi al colore brillante dell’ossido di cromo, ogni verde ha lasciato un segno indelebile nelle botteghe, nei cantieri e nei laboratori alchemici.

In questa selezione esploreremo i dieci verdi più iconici mai utilizzati dall’uomo, quei colori che hanno definito cicli affrescati, miniature, ceramiche e decorazioni murali: dalla sobrietà storica della Terra Verde di Verona alla lucentezza senza tempo della Malachite, passando per le invenzioni chimiche di Scheele e di Thénard. Scopriremo come natura, arte e scienza si siano intrecciate per creare tonalità capaci di durare nei secoli, e come oggi – tra restauri filologici e progetti di bioedilizia – continuiamo a fare affidamento su questi verdi classici, custodi della nostra memoria cromatica.

10°- Verde Solex

Sintetico

COLORE: Verde Intendo

ORIGINE: Europa

DATA DELLA SCOPERTA: XX Secolo

Il Verde Solex nasce dalla necessità di disporre di un verde discreto e stabile per finiture murali e decorazioni d’interni. Grazie alla combinazione bilanciata di un giallo organico (Pigment Yellow 3) e di un verde di sintesi (Pigment Green 7), offre una tonalità morbida, priva delle instabilità tipiche dei verdi di rame, e si integra perfettamente con malte a base di calce, intonaci tradizionali e veicoli acrilici. Introdotto nelle cartiere di produttori europei specializzati, il Verde Solex ha trovato impiego in residenze Liberty e restauri di edifici storici, dove serviva a valorizzare stucchi, cornici e superfici decorate senza alterarne la traspirabilità.

9°- Verde Nicosia

Naturale

COLORE: Verde Grigiastro

ORIGINE: Nicosia (Cipro)

DATA DELLA SCOPERTA: III Secolo a.C

Il Verde Nicosia è celebre per il suo tono misurato, capace di fondersi con gli intonaci in calce senza creare eccessivi contrasti cromatici. Estratto ancora oggi da cave a cielo aperto sui rilievi dei Troodos, veniva macinato e setacciato per eliminare impurità e ottenere una polvere dalla granulometria finissima, indispensabile per applicazioni in fresco. Le sue prime tracce appaiono sui muri delle architetture ellenistiche cipriote, dove il pigmento garantiva sfondi “a verdaccio” per preparare carnagioni e panneggi. Grazie alla sua ottima resistenza alla calce viva, attraversò i secoli fino a entrare nei trattati rinascimentali, pur senza mai raggiungere la diffusione delle terre verdi italiane.

8°- Verde di Scheele

Sintetico

COLORE: Verde Brillante

ORIGINE: Svezia

DATA DELLA SCOPERTA: 1775

Il Verde di Scheele rappresenta uno dei primi pigmenti sintetici moderni. Scheele cercava un’alternativa ai costosi verdi naturali e ottenne un colore di grande impatto visivo, facilmente prodotto in laboratorio. Il pigmento ebbe ampia diffusione nella decorazione d’interni vittoriana, usato in carte da parati, tessuti e smalti ceramici. Tuttavia, la sua tossicità – dovuta al contenuto di arsenico – portò rapidamente al declino del suo impiego. Nel XIX secolo venne sostituito dal meno pericoloso Verde di Parigi (Paris Green) e poi dal verde di cobalto e dal viridian. Oggi lo si incontra solo in studi storici e in alcuni casi di analisi conservativa, come esempio di come la ricerca chimica abbia trasformato la storia dei colori, talvolta con conseguenze inattese.

7°- Verde Cromo

Sintetico

COLORE: Verde Oliva

ORIGINE: Francia

DATA DELLA SCOPERTA: 1807

L’ossido di cromo si affermò nel XIX secolo come alternativa meno tossica e più duratura a pigmenti verdi a base di rame o arsenico. La sua struttura cristallina conferisce un verde opaco, perfetto per miscele “terrose” e sfumature naturali. Il processo di sintesi richiede la cottura di sali di cromo in forni a elevate temperature, seguita da macinazione e setacciatura per ottenere una polvere finissima. Nonostante un colore meno brillante rispetto alla sua forma idrata, il Verde Ossido di Cromo divenne rapidamente un punto fermo nelle tavolozze artistiche e decorative.  La versione idrata, Viridian, introdotta da Guignet nel 1859, offre un verde leggermente più scuro e trasparente, molto usato nella pittura a olio per creare velature e profondità.

6°- Verde Cobalto

Sintetico

COLORE: Verde Freddo

ORIGINE: Svezia

DATA DELLA SCOPERTA: 1780

Il Verde Cobalto, noto anche come Rinman’s Green, nacque dall’esigenza di trovare un verde stabile e non tossico, in alternativa ai verdi a base di rame. Sven Rinman, mentre studiava i minerali di cobalto nelle miniere svedesi, osservò che miscele di ossido di zinco e zucconiato di cobalto producevano, una volta riscaldate, un pigmento dal tono uniforme e resistente. Dopo la fusione in forno e la macinazione su pietra dura, il pigmento risultante offriva un verde neutro, privo delle variazioni cromatiche tipiche dei verdi naturali. Rapido ad entrare nelle tavolozze europee, il Verde Cobalto conquistò artisti e decoratori grazie alla sua resistenza alla luce e alla compatibilità con leganti tradizionali come olio e tempera. A differenza dei verdi di rame, non subiva alterazioni in ambiente alcalino, risultando perfetto per affreschi e finiture murali.

5°- Verde Brentonico

Naturale

COLORE: Verde Acceso

ORIGINE: Brentonico (Trento)

DATA DELLA SCOPERTA: 1500

Il Verde Brentonico è cresciuto in prestigio grazie alla sua origine alpina e alla tonalità sobria, perfetta per scenari di montagna e motivi vegetali. A partire dal tardo Cinquecento, le famiglie che gestivano le cave portarono il pigmento nei cantieri ecclesiastici e civili del Trentino e oltre le Alpi. I decoratori miscelavano la polvere con grassello di calce, ottenendo velature trasparenti e un effetto materico molto apprezzato nei soffitti lignei e nelle volte ad affresco. Questo pigmento si distingue per la resistenza alla luce e alla calce viva, unita a una tiepida profondità di tono che rende il verde Brentonico immediatamente riconoscibile. Anche dopo secoli, nei restauri delle cappelle di montagna e dei palazzi barocchi, gli artigiani tornano a utilizzare questa terra, garantendo una resa cromatica fedele all’originale e un perfetto dialogo con le pietre e i legni locali.

4°- Verde Egizio

Sintetico

COLORE: Verde Smeraldo

ORIGINE: Egitto

DATA DELLA SCOPERTA: 1500 a.C

Il Verde Egizio fu ideato accanto al celebre Blu Egiziano nelle concerie di Tebe e Menfi, dove gli alchimisti reali sperimentarono variazioni nella proporzione di rame e calcare per passare dal turchese al verde smeraldo. Una volta fuso, il vetro colorato veniva macinato e purificato in polveri sottili, quindi miscelato con leganti naturali per affreschi e vasellame cerimoniale. Le testimonianze nei templi di Karnak e Luxor mostrano campiture verdi impeccabili, resistenti a pioggia, sole e temperature estreme. Questo pigmento, pur meno diffuso del Blu Egiziano, decorava statue, colonne e papiro, simboleggiando rinascita e fertilità. Nelle sepolture del Nuovo Regno, compariva anche in maschere funerarie e sarcofagi, conferendo un’aura di speranza ultraterrena.

3°- Verderame

Sintetico

COLORE: Verde Bluastro 

ORIGINE: Grecia, Italia

DATA DELLA SCOPERTA: I Secolo a.C

Il Verdigris, noto fin dal mondo classico come “verde di Grecia”, fu tra i primi pigmenti sintetici utilizzati in pittura. Gli artigiani mettevano strati di rame sopra contenitori colmi di vino acido o di acetato, sigillavano il tutto e attendevano la formazione di un sottile velo verde. Raschiata e purificata, quella patina diventava un pigmento dal colore vivace ma instabile: tendeva a mutare se esposta a luce intensa o a umidità e, in miscela con oli, poteva alterare altri colori. Nonostante questi limiti, la sua resa brillante fece il successo del Verdigris in miniature medievali, carte da parati e decorazioni ceramiche. Artisti italiani del Rinascimento, come Paolo Veronese, lo usarono insieme a bianco di piombo per ottenere tonalità particolari nei panneggi e nei fondali. Col tempo, la sua tossicità e la scarsa stabilità ne hanno ridotto l’impiego a favore di verdi più duraturi, ma il Verdigris rimane un testimone della creatività alchemica che fondeva arte e chimica fin dai primi secoli della nostra era.

2°- Malachite

Naturale

COLORE: Verde Profondo

ORIGINE: Egitto, Russia, Italia

DATA DELLA SCOPERTA: 3000 a.C

La malachite è uno dei verdi minerali più antichi e valorizzati nella storia dell’arte. Gli artigiani dell’Antico Egitto la impiegavano per dipingere pareti e sarcofagi, apprezzandone la luminosità e la resistenza ai climi caldi e secchi. Nel Medioevo, la sua importazione in Europa avveniva attraverso rotte carovaniere e via mare, diventando pigmento di pregio nelle botteghe italiane e tedesche. Nel Rinascimento, pittori come Bellini e Mantegna usarono la malachite per paesaggi e dettagli vegetali, mentre artigiani boemi e sassoni la applicavano in vetrate e ceramiche, grazie alla sua brillantezza e alla capacità di generare velature intense. L’estrazione e la purificazione richiedevano una doppia macinatura nei mortai di pietra dura e ripetuti lavaggi per eliminare impurità, un procedimento che ne aumentava il costo e ne valorizzava il carattere “di élite”.

1°- Verde Verona

Naturale

COLORE: Verde Grigiastro

ORIGINE: Verona (Italia)

DATA DELLA SCOPERTA: I secolo a.C

La Terra Verde di Verona è considerata il verde più iconico della storia grazie al suo uso continuo in oltre duemila anni di pittura murale e su tavola. Nei cicli affrescati medievali e rinascimentali la si impiegava soprattutto come verdaccio, una base verde applicata sotto gli incarnati per creare chiaroscuri più realistici: il rosa e il rosso dei toni di carne, stesi sopra, risultavano più equilibrati e profondi. Artisti come Duccio di Buoninsegna (Annunciazione, 1311, National Gallery, Londra) e Jan Vermeer (Girl with a Flute, 1669–75, National Gallery of Art, Washington) adottarono la Terra Verde per le sue qualità di stabilità alla luce e compatibilità con le malte medievali, oltre che per la granulosità ideale a velature sottili. Nei paesaggi, la tonalità discreta di questo verde arricchiva i primi piani di un’intonazione naturale, senza mai risultare invadente. Nonostante il migliore deposito nelle colline di Verona – quello bluastro – sia andato perso in una frana, le qualità oggi disponibili restano fedeli all’antico standard: granulometria fine, resa opaca e capacità di “respiro” con la calce viva.