Nel lavoro dell’artigiano decoratore c’è sempre stato grande rispetto per le terre naturali: colori nati dalla polvere delle colline, dai metalli ossidati dal tempo, dal fuoco dei vulcani o dall’acqua del mare. Ma ci sono alcuni pigmenti che, pur non venendo dalla terra così com’è, meritano lo stesso rispetto. Sono pigmenti creati dall’uomo, ma non per fini industriali o commerciali. Parliamo di scoperte nate spesso in modo fortuito, ma poi studiate, migliorate e desiderate da generazioni di pittori. Colori che non esistevano in natura e che hanno aperto nuove strade all’arte.
A partire dal Rinascimento, e con sempre più forza tra Settecento e Ottocento, artisti e chimici hanno iniziato a cercare alternative alle terre tradizionali, sia per necessità che per ambizione. L’ocra non bastava più, il lapislazzuli era troppo caro, certi rossi si annerivano col tempo. Così sono nati pigmenti come il Blu di Prussia, la Verde smeraldo, il Giallo di Napoli moderno, il Blu Cobalto: frutti della scienza, ma al servizio dell’arte.
Qui abbiamo raccolto i dieci pigmenti sintetici più iconici della storia, quelli che hanno lasciato un segno vero sulla tavolozza dei pittori e sull’evoluzione della pittura. Non si tratta di colori qualunque: sono stati inventati con un’idea precisa, portati in bottega, messi alla prova, amati o odiati. Alcuni hanno fatto epoca, altri hanno finito per essere abbandonati per la loro tossicità, ma tutti raccontano la storia dell’incontro tra la mano dell’uomo e il desiderio di bellezza. Questa non è una lista di colori industriali senz’anima. Qui si parla di pigmenti con una storia, una scoperta, un uso consapevole.
10°- Blu Egizio
2700 a.C
COLORE: Blu Turchese Intenso
ORIGINE: Alessandria, Egitto
COMPOSIZIONE: Silicato complesso di Rame e Calcio (CaCuSi₄O₁₀)
Il Blu Egizio è il primo pigmento di sintesi della storia, creato nell’Antico Regno egizio intorno al 2600 a.C. Mescolando in forni ceramici sabbia silicea, rame (o malachite) e calcare, gli artigiani ottenevano una massa vetrosa poi ridotta in polvere finissima. Questo “vetro colorato” inaugurò la capacità di produrre un blu non disponibile in natura, con una tonalità vivace e una purezza cromatica senza precedenti.
Nei laboratori egizi il pigmento veniva miscelato con malte a base di calce per le pitture murali e con collanti naturali per le statue dipinte. La sua brillantezza duratura e la resistenza all’umidità lo resero preferibile all’azzurrite e all’indaco vegetale. Importato in tutto il Mediterraneo, passò poi nelle botteghe romane, che lo adottarono per mosaici e affreschi di pregio, valorizzando la sua costanza di colore su vaste superfici.
Il Blu Egizio è visibile nei rilievi colorati delle tombe di Saqqara e nelle pareti interne del Tempio di Khnum a Esna. A Pompei, negli affreschi della Casa del Fauno, frammenti di caeruleum Aegyptium testimoniano l’adozione romana di questa innovazione egizia. Anche nei mosaici della Villa Adriana a Tivoli emergono tessere blu realizzate con la stessa tecnica, dimostrando la lunga fortuna di questo pigmento sin dall’alba della pittura artificiale.
9°- Blu Han
1045 a.C
COLORE: Blu Intenso
ORIGINE: Cina Settentrionale
COMPOSIZIONE: Silicato di bario e rame (BaCuSi₄O₁₀)
Il Han Blue costituisce una delle prime sintesi di pigmenti inorganici nell’antica Cina. Scoperto intorno al 1045 a.C. durante la Dinastia Zhou occidentale e poi prodotto su vasta scala nel periodo Han, questo colore veniva creato fondendo insieme rame, bario (da barite) e silice, ottenendo un solido vetroso di cui si ricavava polvere sottilissima. Il risultato era un blu cobalto, denso e stabile, che superava per brillantezza e durata i blu naturali come l’azzurrite.
l pigmento serviva soprattutto per decorare ceramiche di pregio e pannelli architettonici nelle tombe imperiali, garantendo una colorazione che non scoloriva né mutava al contatto con l’umidità o il calore. Ricerche archeometriche hanno confermato la presenza di BaCuSi₄O₁₀ in numerosi reperti Han, segno che la sua produzione richiedeva fornaci a temperature controllate e una precisa formulazione chimica.
Il valore di Han Blue non si misura solo nella rarità del materiale, ma anche nell’abilità tecnica richiesta per ottenerlo: la temperatura di fusione doveva essere mantenuta con accuratezza per evitare rotture o variazioni di tinta. Questo pigmento rappresenta un fondamentale passo in avanti nella storia dei colori sintetici, anticipando di secoli le scoperte occidentali sui blu industriali e dimostrando che la spinta verso nuovi colori ha radici profondissime.
8°- Blu Maya
250 a.C
COLORE: Blu Chiaro
ORIGINE: Yucatán, America centrale
COMPOSIZIONE: Indigofera e Argilla Palygorskite o Sepiolite
Il Blu Maya è uno dei più straordinari pigmenti sintetici dell’antichità: non un semplice estratto, ma il frutto di una conoscenza artigianale e chimica che combinava l’indaco vegetale con un’argilla selezionata per le sue fibre sottili. Gli artisti Maya scoprirono che facendo bollire insieme l’indaco e la palygorskite in presenza di cenere o cenere di calce si otteneva un colorante che, una volta applicato su intonaco o ceramica, diventava quasi indistruttibile, resistente all’acqua, agli agenti atmosferici e agli organismi microbici.
Questa innovazione pittorica permise ai muratori e agli artigiani del regno Maya di coprire intere sale e facciate con un blu vivido, destinato a durare nei secoli. Nei famosi affreschi di Bonampak, l’intenso azzurro dei fondali e dei panneggi dei personaggi è ancora riconoscibile, come pure nelle decorazioni del Tempio delle Murales a San Bartolo, dove il Blu Maya è impiegato per rappresentare divinità e simboli cosmici. Anche ceramiche cerimoniali e oggetti votivi mostrano analoghe tonalità, a conferma dell’uso articolato del pigmento in contesti sacri e reali.
Il pregio del Blu Maya non sta solo nella sua bellezza, ma nella stabilità chimico‑fisica: le fibre di argilla intrappolano le molecole di indaco, proteggendole dalla degradazione luminosa. Questo lo rese un colore di punta nelle botteghe Maya, al pari dei più costosi blu orientali, pur essendo ottenuto da risorse locali. L’eredità del Blu Maya testimonia come la ricerca sui colori sintetici non sia un’invenzione moderna, ma un capitolo antico e brillante della storia dell’arte.
7°- Blu di Prussia
1704
COLORE: Blu Scuro
ORIGINE: Berlino, Germania
COMPOSIZIONE: Ferro ferrocianuro (Fe₇(CN)₁₈·xH₂O)
Il Blu di Prussia rappresenta la prima svolta moderna nella chimica dei colori: scoperto per caso nel 1704 da Johann Jacob Diesbach a Berlino, si ottiene facendo ossidare un precipitato di ferro ferrocianuro in presenza di sali di ferro. La reazione produce un pigmento di un blu scuro e metallico, con una saturazione e una tenuta alla luce sconosciute ai pigmenti naturali dell’epoca.
Nonostante la sua origine “accidentale”, il Blu di Prussia trovò subito applicazione nelle botteghe artistiche europee. La sua resa uniforme, la profondità del tono e la facile miscelabilità con oli e leganti lo resero rapidamente popolare tra i pittori di paesaggio e i ritrattisti, che fino ad allora dovevano rinunciare ai costosi lapislazzuli o ai più instabili blu vegetali.
Il valore commerciale del Blu di Prussia era contenuto, grazie alla semplicità del processo produttivo, e questo ne favorì la diffusione su scala massiccia: divenne il primo blu “popolare” in grado di competere con i pigmenti tradizionali. Artisti come Gainsborough, Turner e più tardi gli Impressionisti adottarono il Blu di Prussia per le sue capacità di rendere ombre fredde, riflessi sull’acqua e contrasti atmosferici, inaugurando una nuova era cromatica nella pittura occidentale.
6°- Verde di Scheele
1775
COLORE: Verde Brillante
ORIGINE: Uppsala, Svezia
COMPOSIZIONE: Arsenito di rame (CuHAsO₃)
Il Verde di Scheele fu la prima sintesi sistematica di un verde puro, ottenuta nel 1775 dal chimico svedese Carl Wilhelm Scheele. Grazie alla reazione tra un sale di rame e arsenito di sodio, questo pigmento pionieristico superò i limiti dei verdi naturali offrendo una tonalità fresca, luminosa e costante. La sua produzione richiedeva poche fasi: la precipitazione del composto in soluzione, il lavaggio per eliminare impurità e la macinatura fino a una polvere finissima.
In pochi anni, il Verde di Scheele dimostrò che la chimica poteva ampliare la gamma cromatica a disposizione degli artisti, introducendo un colore che non esisteva in natura. Nelle botteghe d’arte europee fu adottato rapidamente per le sue qualità di facile applicazione e miscelabilità con altri pigmenti. Artisti di paesaggio lo usarono per fogliami e cangianti fondali verdi, mentre decoratori lo preferirono nei rivestimenti murali di saloni e sale da tè.
La sua tossicità ne impose un rapido declino con la comparsa del Verde di Cromo, meno pericoloso ma altrettanto brillante. Nonostante ciò, le tele di pittori come Thomas Gainsborough e gli acquarelli dei Romantici portano ancora oggi l’impronta di quel verde rivoluzionario che, per un breve periodo, dettò nuove regole alla pittura di fine Settecento.
5°- Verde Cromo
1797
COLORE: Verde Acceso
ORIGINE: Francia
DATA DELLA SCOPERTA: Ossido di Cromo (Cr₂O₃)
Il Verde di Cromo, isolato per la prima volta da Louis Vauquelin nel 1809, rappresenta il primo pigmento verde sintetico privo di arsenico, ottenuto tramite ossidazione controllata del cromo metallico. La polvere finissima risultante mostra una saturazione elevata, una brillantezza costante alla luce e una resistenza agli agenti atmosferici che supera di gran lunga quella delle terre verdi naturali.
Nei laboratori artistici il Verde di Cromo venne apprezzato per la sua facilità di miscelazione con oli e biacca, consentendo di regolare trasparenze e opacità secondo le necessità. Era scelto per i paesaggi perché offriva una tonalità di fogliame più fresca e vibrante, ma trovava largo impiego anche nelle decorazioni d’interni, dove la sua stabilità chimica garantiva decori duraturi senza viraggi.
I primi pittori ad adottarlo furono Eugène Delacroix e John Constable, che nelle loro rappresentazioni di giardini e foreste rimasero colpiti dalla capacità del pigmento di rendere il verde delle fronde con realismo e intensità. Successivamente Monet e Pissarro lo impiegarono nei loro studi en plein air per catturare le variazioni di luce sulle foglie, sfruttando la purezza del tono per spingere ancora oltre i confini dell’Impressionismo.
4°- Blu Cobalto
1802
COLORE: Blu Medio
ORIGINE: Parigi, Francia
COMPOSIZIONE: Ossido idrato di cobalto e allumina (CoO·Al₂O₃·xH₂O)
Il Blu Cobalto, messo a punto da Théodore Jacques de Lichtenstein Thénard nel 1802, è uno dei primi pigmenti inorganici capaci di offrire una tonalità blu stabile e non costosa. Ottenuto cuocendo insieme ossidi di cobalto e allumina a elevate temperature, il risultato è una polvere finissima che coniuga durata alla luce, resistenza agli agenti chimici e assenza di viraggi anche in presenza di umidità.
Nei laboratori artistici, il Blu Cobalto venne presto scelto per la sua miscelabilità con oli e medi protettivi, permettendo di calibrare trasparenze e velature senza perdere brillantezza. Le sue proprietà reologiche — né troppo opache né eccessivamente trasparenti — lo resero particolarmente apprezzato nei cieli di molti pittori romantici e paesaggisti, che cercavano un blu meno cupo del Blu di Prussia ma più stabile dell’Oltremare naturale.
Le prime applicazioni documentate si riscontrano nei dipinti di Eugène Delacroix, che nel suo ciclo per la Biblioteca del Senato a Parigi utilizzò il Blu Cobalto per i fondali architettonici delle sale, e in Jean Auguste Dominique Ingres, che lo impiegò nei suoi ritratti per dare uniformità ai panneggi scuri senza scurire i volti. Più tardi, gli Impressionisti come Claude Monet sfruttarono il pigmento nei loro studi en plein air, combinandolo con tocchi di blu di Prussia e ultramarino sintetico per rendere le variazioni di luce sul mare e sulle nuvole con estrema finezza.
3°- Giallo di Cromo
1814
COLORE: Giallo Intenso
ORIGINE: Parigi, Francia
COMPOSIZIONE: Cromato di piombo (PbCrO₄)
Il Giallo di Cromo nacque nel 1809 nei laboratori parigini di Louis Vauquelin, subito dopo la scoperta del cromo elemento. Attraverso la reazione controllata tra solfato di piombo e cromato di potassio, si otteneva un precipitato di cromato di piombo, lavato e macinato in una polvere finissima. Questo procedimento chimico permise di ottenere un giallo saturo, dall’eccezionale potere coprente e da una brillantezza temperata, mai vista nei gialli naturali più antichi.
Nei laboratori artistici europei il pigmento si impose per la sua facilità di miscelazione con biacca e leganti a olio: bastava regolare il rapporto per ottenere velature trasparenti o stesure dense e luminose. La sua stabilità alla luce e la resistenza agli agenti atmosferici resero il Giallo di Cromo rapidamente il colore di riferimento per ogni scena in pieno, lasciando sullo sfondo le terre gialle tradizionali.
Nomi celebri come J.M.W. Turner e Eugène Delacroix sono associati spesso al Giallo di Cromo che usavano per accentuare i bagliori dei tramonti e le superfici assolate delle nature morte. Anche impressionisti di fama come Claude Monet a Camille Pissarro lo impiegarono spesso nelle loro tele combinandolo con tocchi di giallo cadmio e arancio per catturare le sfumature di luce e ombra.
2°- Blu Oltremare Sintetico
1826
COLORE: Blu Luminoso
ORIGINE: Parigi, Francia
COMPOSIZIONE: Solfuro di sodio-alluminio-silicato (Na₈–₁₀Al₆Si₆O₂₄S₂–₄)
Il Blu Oltremare Sintetico nacque nel 1826 quando i chimici francesi riuscirono a riprodurre in laboratorio il famoso lapislazzuli afghano. Mediante un processo di fusione controllata di caolino, sale di soda, zolfo e carbone, ottennero una polvere blu che imitava la lazurite naturale, con una purezza e una saturazione mai viste fino a quel momento. Questo pigmento permise di superare il costo elevatissimo e la variabilità cromatica del blu naturale, mettendo a disposizione dei pittori un colore stabile e identico da lotto a lotto.
Nel giro di pochi anni il Blu Oltremare Sintetico divenne un punto fermo nelle botteghe europee: la facilità di miscelazione con oli e biacca e la resistenza alla luce lo resero superiore al blu di Prussia per limpidezza e brillantezza. Artisti e illustratori potevano ora impiegare il “nuovo oltremare” in velature trasparenti o in campiture corpose, calibrando con precisione il tono senza incorrere in viraggi o impurità.
Tra i primi ad adottarlo ci furono Eugène Delacroix, che nel ciclo per la Biblioteca del Senato ne apprezzò la profondità nei cieli notturni, e Jean François Millet, che lo utilizzò nei paesaggi rurali per rendere gli azzurri delle campagne con sorprendente realismo. Successivamente il pigmento si impose nell’Impressionismo: Claude Monet lo mixò a tocchi di verde e bianco per catturare le variazioni atmosferiche dei suoi studi en plein air, mentre Édouard Manet lo impiegò nei dettagli architettonici, dimostrando come il Blu Oltremare Sintetico avesse davvero rivoluzionato la tavolozza dell’arte moderna.
1°- Blu YInMn
2009
COLORE: Blu Turchese
ORIGINE: Oregon, Stati Uniti
COMPOSIZIONE: Ossido di ittrio‑indio‑manganese (YIn₁₋ₓMnxO₃)
Il Blu YInMn, identificato per la prima volta nel 2009 dal team guidato dal professor Mas Subramanian all’Università dell’Oregon, è l’ultima grande innovazione nel campo dei pigmenti inorganici. Frutto di una ricerca sui materiali a base di ossidi misti, si ottiene sintetizzando a temperature elevate una precisa proporzione di ittrio, indio e manganese, che dà vita a un minerale ceramico dalla tonalità straordinariamente pura, priva delle tendenze verdastre o grigie tipiche di altri blu.
A differenza dei blu storici, YInMn non ha ancora una tradizione d’uso consolidata in pittura: la sua produzione è rimasta finora nell’ambito dei laboratori specializzati e delle applicazioni industriali pilota (vernici, plastica, rivestimenti). Tuttavia, presenta una stabilità alla luce e al calore senza pari, un basso impatto ambientale e una non‑tossicità che lo rendono promettente per future sperimentazioni artistiche.
Le prospettive di impiego sono ampie: già è stato brevettato per vernici anti‑iride sulle navi e per rivestimenti architettonici in grado di riflettere l’infrarosso, riducendo i consumi energetici degli edifici. Nel panorama artistico, alcuni studi preliminari stanno valutando la sua resa in tecniche a olio e acrilico, ma il Blu YInMn resta per ora un pigmento pionieristico, simbolo di come la ricerca chimica continui a spingere oltre i confini della tavolozza, aprendo nuovi orizzonti alla creatività di domani.