Giallo Orpimento – Il Pigmento D’Oro

Tra i pigmenti più ammirati del mondo antico, l’orpimento occupa un posto di assoluto rilievo. Celebre per il suo giallo intenso e luminoso, venne usato in diverse civiltà per ornare affreschi, miniature e decorazioni murali di grande pregio. Questo pigmento non era solo apprezzato per il suo valore estetico, ma anche per la sua capacità di evocare ricchezza, splendore e sacralità. Scopriamo insieme l’origine, l’impiego artistico e la storia millenaria dell’orpimento.

Origine e Uso Storico

L’orpimento è un solfuro di arsenico naturale (As₂S₃), riconoscibile per la sua lucentezza dorata. Il termine stesso deriva dal latino auripigmentum, letteralmente “pigmento d’oro”, a sottolinearne il pregio e il colore straordinariamente vivido. Era estratto da formazioni minerarie presenti soprattutto in Persia, ma anche in zone dell’Asia Minore e dell’Europa meridionale. L’orpimento fu largamente utilizzato in contesti di pregio. Nell’antico Egitto decorava pareti di tombe e oggetti rituali; a Roma, invece, veniva scelto per dettagli in affreschi prestigiosi, come quelli di ville patrizie a Pompei ed Ercolano.

Cappadocia

Cappadocia – Terra Ricca di Miniera di Realgar

Tuttavia, gli antichi artisti conoscevano bene i suoi limiti: l’orpimento resisteva male alla tecnica dell’affresco “a fresco”, ossidandosi e scolorendo rapidamente a contatto con l’umidità della calce. Per questa ragione veniva spesso applicato “a secco” o su superfici protette. Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia (XXXIII, 24), lo descrive come un pigmento ricercato ma “insidioso”, capace di nuocere alla salute degli stessi artigiani che lo manipolavano.

Estrazione E Preparazione Dell’Orpimento Nell’Antichità

L’orpimento, noto già in epoca classica per la sua tonalità gialla intensa, veniva estratto principalmente in regioni dell’Asia Minore, della Persia e dell’Armenia. I Romani, grandi estimatori di questo pigmento, importavano considerevoli quantità da queste aree, considerate le più pregiate. Strabone e Plinio il Vecchio, nelle loro opere, descrivono la provenienza dell’orpimento naturale come legata alle miniere della Cappadocia (attuale Turchia centrale) e alle terre montuose dell’Armenia. In epoca romana, l’orpimento era raccolto in due modi principali:

Come minerale naturale: il solfuro di arsenico si trovava in forma cristallina vicino a vene vulcaniche attive o in zone ricche di zolfo. L’orpimento naturale tendeva ad avere un aspetto lamellare brillante.

Come prodotto secondario: si otteneva anche dalla condensazione dei fumi di zolfo, particolarmente nelle zone di attività idrotermale, una tecnica che i Romani cominciarono a conoscere grazie ai contatti con le culture orientali. Tra i principali centri di approvvigionamento noti nel mondo romano possiamo citare:

  • Cappadocia (Asia Minore): ritenuta la fonte di orpimento più pregiato.
  • Armenia: terra celebre per l’abbondanza di metalli e minerali preziosi.
  • Cilicia e Isauria: altre regioni asiatiche menzionate da fonti tardo-antiche.
  • Ischia e Campi Flegrei (Italia): in epoca successiva, alcuni siti sulfurei italiani fornirono orpimento, ma in qualità minore rispetto a quello importato.
Dettaglio della Roccia di Orpimento Grezza

Dettaglio della Roccia di Orpimento Grezza

Preparazione Per L’Uso Pittorico

Una volta estratto, l’orpimento veniva ridotto in polvere molto fine, spesso attraverso una tecnica che prevedeva:

  • Pulitura manuale dalle impurità rocciose.
  • Frantumazione con pestelli di pietra non troppo duri per non alterarne il colore.
  • Setacciatura fine per ottenere una granulometria uniforme.

Nel contesto della pittura murale romana, l’orpimento veniva usato soprattutto in decorazioni a secco o su strati asciutti di intonaco, per evitare l’alterazione cromatica che l’umidità di un affresco fresco avrebbe potuto provocare. Gli artisti miscelavano la polvere d’orpimento con leganti come cera punica, gomma arabica o latte di fico per garantirne l’adesione e la brillantezza. La delicatezza dell’orpimento, facilmente degradabile alla luce e all’umidità, faceva sì che la sua applicazione richiedesse grande maestria, selezionando superfici protette o interne.

L’Orpimento Nei Capolavori Dei Grandi Maestri

Usare l’orpimento non era una scelta facile. Questo pigmento giallo vivo, estratto da un minerale di arsenico, prometteva colori straordinari, ma al prezzo della sua instabilità e tossicità. Eppure, alcuni tra i più grandi artisti della storia decisero di correre il rischio.

Giotto fu uno dei primi: nella Cappella degli Scrovegni a Padova, completata nel 1305, ricorse all’orpimento per dare luce alle aureole e ai dettagli sacri. Oggi, grazie a tecniche moderne come la spettroscopia Raman, sappiamo che quella tonalità dorata che ancora affascina i visitatori era proprio orpimento puro.

Anche Pisanello, nel Quattrocento, non rinunciò al suo splendore. Nel dipinto “San Giorgio e la Principessa”, oggi alla National Gallery di Londra, il pigmento arricchisce abiti e decori, conferendo alla scena un’aria preziosa e sontuosa.

Persino Leonardo da Vinci sperimentò l’orpimento. Nel restauro dell’”Adorazione dei Magi” agli Uffizi, gli studiosi hanno trovato tracce di questo materiale nelle prime stesure, pensate per valorizzare particolari architettonici.

Nel Cinquecento, Hans Holbein il Giovane utilizzò l’orpimento nei dettagli raffinati del “Ritratto di Sir Thomas More”, dove piccoli tocchi di giallo esaltano gioielli e tessuti. E non va dimenticato Taddeo Gaddi, fedele allievo di Giotto, che nelle decorazioni della basilica di Santa Croce a Firenze affidò all’orpimento la luce dorata di fregi e aureole.

Adorazione dei Magi di Leonardo da Vinci (1482 Uffizi, Firenze)

Adorazione dei Magi di Leonardo da Vinci (1482 Uffizi, Firenze) – Uso dell’orpimento mescolato al bianco

Orpimento: Una Luce Fragile Custodita Dal Tempo

Guardare all’orpimento, oggi, significa intravedere una pagina affascinante della storia dei pigmenti. I Romani, pur conoscendo i limiti di questo minerale, non rinunciarono mai al suo splendore. Preferivano utilizzarlo in aree dove il sole batteva meno, o in spazi coperti, per difenderne la brillantezza. Le miniere più celebri da cui proveniva erano quelle dell’Asia Minore e della Persia, regioni che da secoli custodivano sotto la terra quei cristalli dorati capaci di trasformarsi in pittura.

La preparazione, poi, non era semplice: servivano mani esperte, capaci di macinare e purificare la polvere senza alterarne il colore. Ogni fase richiedeva tempo e attenzione, perché l’orpimento, più di altri pigmenti, era vulnerabile agli errori. Quando oggi ne osserviamo le tracce, magari sbiadite o ingrigite dal tempo, non possiamo non pensare a quanta cura, quanti viaggi e quanta conoscenza servissero per portare un giallo così vivido sui muri delle case e dei templi. L’orpimento, fragile e luminoso insieme, rimane uno dei simboli più autentici della creatività e dell’ingegno antico.

Sorgenti a Approfondimenti: Naturalpigments.euiris.uniroma1.it (pdf) – Webexhibits.org – Wikipedia.orgSaperescienza.it – Il Colore Degli Antichi di L.Colombini – I ricettari. Pigmenti e tecniche. Il testo della pittura di Alessandro Taglioni e Maria Grazia Amati

Foto: Thecrystalcouncil.comWikipedia.org – Firenzetoday.it