Cennino Cennini (c. 1370–c. 1427), maestro fiorentino allievo di Agnolo Gaddi, rappresenta un punto di svolta nella storia dei pigmenti naturali: mentre Teofrasto catalogava le terre e i minerali in chiave naturalistica, Plinio il Vecchio ne elogiava le virtù nella Naturalis Historia e Vitruvio ne menzionava l’uso in architettura, Cennini trasforma quelle stesse materie prime in ricette precise e procedure operative, destinate agli artigiani del Quattrocento.
Nel Libro dell’Arte, Cennini recupera il sapere antico sulle ocra, sul cinabro e sul blu egizio illustrato da Teofrasto, arricchendolo con tecniche di macinazione, dosaggio e controllo qualitativo che rispondono alle esigenze del laboratorio medievale. A differenza dei suoi predecessori, che si limitavano a descrivere proprietà e luoghi di estrazione, egli insegna a riconoscere le terre migliori, a separare i pigmenti puri e a preparare leganti – dalla biacca “all’antica” alla tempera all’uovo – secondo passaggi codificati e verificabili.
Questo approccio pratico, “sul campo”, non solo garantiva colori più brillanti e durevoli, ma costituì il modello per la trasmissione artigianale del sapere, colmando il divario tra l’erudizione classica e le botteghe rinascimentali. In tal modo, Cennini non solo perpetua la tradizione di Plinio, Vitruvio e Teofrasto, ma innalza la conoscenza dei pigmenti naturali a un’arte viva, pronta a nutrire la grande pittura europea dei secoli successivi.
Cennino Cennini – Breve Biografia
Origini e Formazione
Cennino d’Andrea Cennini nacque intorno al 1360 a Colle di Val d’Elsa (Toscana), in una famiglia già attiva nella pittura; il padre Andrea è documentato come “pictor” nei registri comunali di Colle. Giovanissimo, si trasferì a Firenze per completare la sua formazione nella bottega di Agnolo Gaddi, erede diretto di Giotto. Lì apprese non solo le tecniche dell’affresco e della temper a all’uovo, ma anche i segreti dei pigmenti importati, scambiando conoscenze con altri allievi e visitando regolarmente i depositi di materiali in Oltrarno.
Esperienze di Corte
Intorno al 1390, Cennini si spostò a Padova, dove entrò al servizio di Francesco Novello da Carrara, signore della città. Qui contribuì alla decorazione di sale e cappelle private, potendo sperimentare pigmenti preziosi come il lapislazzuli e il cinabro, spesso messi a disposizione dalla ricca corte carrarese. Queste esperienze gli permisero di vedere all’opera i fornitori veneziani e di padroneggiare leganti e ricette elaborate.
Ritorno in Toscana e Relazioni Fiorentine
Tornato a Colle di Val d’Elsa intorno al 1400, Cennini mantenne saldi contatti con la comunità artistica di Firenze. È documentato come consulente tecnico per confraternite e botteghe di corniciai, e menzionato in carteggi privati come interlocutore di mercanti di pigmenti e di umanisti intenti a tradurre testi classici sui colori. Sebbene non esistano sue opere firmate in città, è probabile che abbia collaborato, come consigliere, a interventi di restauro di affreschi in ambienti religiosi, sfruttando la sua conoscenza “ancestrale” della biacca e della calce.
Ultimi Anni e Memoria
Le ultime tracce documentarie risalgono agli anni Venti del Quattrocento: un pagamento per una consulenza in materia di tempera all’uovo e la stesura definitiva del Libro dell’Arte. Cennini morì poco dopo, lasciando in eredità un testo che avrebbe guidato pittori e artigiani per secoli. In suo onore, nel settecento, il Comune di Colle di Val d’Elsa fece incastonare una lapide nel Palazzo Comunale, ricordando il “Maestro dei Colori” che seppe unire teoria classica e esperienza pratica.
Cennino Cennini – Le Opere
Cennino Cennini operò in un’epoca di grande fermento artistico e culturale, lasciando una traccia fondamentale nella storia delle tecniche pittoriche. Pur dedicandosi al lavoro di bottega, redasse un unico testo organico, il Libro dell’Arte, che rimane la sua eredità più preziosa. Oltre a questo manuale, sono attribuiti a Cennini alcuni versi in latino di carattere encomiastico, perduti da secoli, e cenni insieme ai suoi appunti di laboratorio – oggi sparsi in raccolte private o citati da umanisti del XV secolo.
Il Libro dell’Arte (1398–1437) è composto da 35 capitoli in cui si alternano istruzioni sull’allestimento della bottega, la preparazione dei supporti, la tecnica dell’affresco, della tempera all’uovo e della doratura. Cennini dedica particolare attenzione alla selezione dei materiali: dagli strumenti in ferro e legno, alle colle animali, fino ai pigmenti e ai leganti.
Panoramica delle Sezioni Principali
- Bottega e materiali di base: disposizione degli spazi, torchio per la macinazione dei colori, conservazione dei barattoli.
- Tecniche murali: stesura dell’intonaco, stratigrafia dell’“arriccio” e dello “straffocia” per l’affresco.
- Tempera all’uovo e leganti grassi: dosaggi, riposi e tempi di asciugatura.
- Doratura e stucco: nozioni su bole, foglia d’oro e stesure di mordente.
- Pigmenti naturali: descrizione dettagliata delle terre, dei minerali e delle polveri coloranti.
Con le sue ricette, Cennini fa da ponte fra i testi antichi e le esigenze pratiche del cantiere medievale: mentre Teofrasto catalogava i pigmenti in chiave naturalistica e Vitruvio ne codificava l’uso nella costruzione, Cennini codifica step by stepun protocollo operativo, destinato a influenzare pittori, restauratori e, in epoca moderna, i tecnici della bioedilizia che riscoprono l’efficacia dei leganti e dei colori naturali.
I Pigmenti Nel Libro Dell’Arte
Al centro del Libro dell’Arte, Cennino Cennini dedica un intero capitolo alla meticolosa preparazione e all’uso dei pigmenti naturali, raccogliendo un’eredità millenaria che passa da Teofrasto e Plinio e la trasforma in un vero e proprio manuale d’officina. Da Teofrasto prende la passione per la geografia dei colori – l’idea che l’ocra viva di un giacimento attico sia diversa da quella terrosa di una cava sarda – e da Plinio apprende le ricette dei leganti antichi, come il psímuthion bianco di piombo. Tuttavia Cennini non si accontenta di citarne le proprietà: traduce questi insegnamenti in istruzioni dettagliate per il bottegaio quattrocentesco.
Ogni pigmento viene descritto in volumi di materia prima da selezionare, in tempi di riposo per la macerazione, in gradi di setacciatura che misurano la finezza desiderata. Spiega come trasformare il lapislazzuli in ultramarino tramite doppia macinazione, come separare le particelle grosse dall’azzurrite attraverso decantazioni multiple, o come purificare il cinabro con un lieve riscaldamento su pietra calda. Cennini fornisce inoltre indicazioni sui rapporti tra pigmento e legante – uovo, colla di coniglio, latte di calce – calibrando le dosi per ottenere velature leggere o stesure opache, ma sempre stabili nel tempo.
Così, con un approccio che potremmo definire “chimico-empirico”, egli innesta la tradizione ellenistica e romana nel cuore del Rinascimento artigianale, consegnando a pittori e restauratori un protocollo operativo capace di garantire autenticità di colore, coesione dei materiali e durata secolare alle opere d’arte.
Ocra Gialla – Sole in Polvere
Cennini definisce l’ocra gialla “il fulcro della luce terrena”, estratta da argille ferruginose e lavorata in due fasi: una macinazione iniziale a secco per ridurre i granuli maggiori, seguita da una setacciatura fine per separare la polvere più sottile. Raccomanda quindi un lavaggio leggero con olio di lino diluito, che esalta il calore del pigmento e ne stabilizza la resa cromatica. Utilizzata per fondi luminosi e alte luci, l’ocra gialla, secondo Cennini, deve essere sempre provata su un campione di intonaco o carta, esposto alla luce naturale, per garantire la tonalità desiderata.
Terra di Siena – La Ruggine Toscana
La terra di Siena bruciata, nota a Cennini come “siena arsa”, va prima essiccata al sole, poi cotta lievemente e infine macinata a secco. La sua tonalità calda e “rugginosa” è perfetta per architetture e terre lontane. Cennini raccomanda di provarne un campione su carta prima dell’uso per verificarne l’intensità.
Verde di Verona – Sfumature Vegetali
La terra verde di Verona, ricca di glauconite, produce tonalità che oscillano dal verde muschio al kaki tenue. Teofrasto ne apprezzava le variazioni geografiche, mentre Plinio ne elogiava la stabilità. Vitruvio la inseriva nei pigmenti per decorazioni esterne, e Cennini Cennini indica di lasciare decantare la polvere in acqua per due giorni, in modo da separare le particelle più fini che, miscelate con latte di calce, garantiscono un verde compatto e resistente all’umidità.
Cinabro – Il Rosso Dei Regnanti
Cennino Cennini descrive il cinabro come “rosso pregiato e vivo”, da riscaldare leggermente su pietra calda per eliminare impurità e poi macinare fino a ottenere una polvere finissima. Consiglia di impastarlo con il tuorlo d’uovo, mantenendo il rapporto pigmento-legante su una proporzione di circa 1:3, per stesure brillanti e durature. Raccomanda di usarlo con parsimonia, soprattutto nei dettagli, per evitare che il suo forte cromatismo oscuri gli altri toni del dipinto.
Malachite – Il Colore del Rame
La malachite è un carbonato di rame dal verde intenso, estratto in miniere di rame antiche. Plinio la menziona come pigmento decorativo e curaativo; Vitruvio ne riconosceva il valore nei rivestimenti protettivi. Cennini consiglia di triturarla in acqua fredda, quindi di raccogliere le particelle più fini per la pittura su tavola, miscelandole con albume d’uovo o latte di calce per ottenere un verde brillante e duraturo, capace di resistere alla luce e all’umidità.
Azzurrite – Il Blu Minerale
Cennini tratta l’azzurrite come un’alternativa più economica al lapislazzuli. Suggerisce di polverizzare la pietra in acqua fredda, lasciare decantare il pigmento più fine e scartare le scaglie grosse. Miscelata con albume d’uovo o latte di calce, offre un blu-verde brillante ideale per paesaggi e velature.
Lapis Lazuli – L’Azzurro Dei Cieli
Per l’“azzurro dei cieli”, Cennini prescrive una doppia macinazione: prima in mortaio di legno con acqua distillata, poi in mortaretto con tuorlo d’uovo. Solo la frazione più fine, opportunamente ripulita da impurità bianche, diventa ultramarino. Il risultato è un blu profondo, riservato alle parti sacre e ai cieli, che mantiene inalterata la sua lucentezza anche dopo secoli.
Nero di Carbone – L’Ombra Vellutata
Il nero di carbone, ottenuto dalla combustione controllata di olio o resine, offriva un nero profondo e vellutato. Plinio lo descrive come fuliggine fine; Vitruvio ne notava l’efficacia per le parti d’ombra negli intonaci. Cennini indica di raccogliere la fuliggine da stoppini di candela o olio, setacciarla e miscelarla con biacca per creare grigi neutri o usarla pura per contorni e linee sottili, garantendo contrasti netti e duraturi.
Nero d’Avorio – La Nera Profondità
Cennini tratta il nero d’avorio, ricavato dalla combustione di ossa animali, come un pigmento caldo e ricco di riflessi bruni. Dopo la riduzione delle ossa in braci, ne raccomanda una macinazione paziente in mortaio di pietra e una setacciatura fine. Mescolato con colle animali, offre neri intensi per ombreggiature profonde senza virare verso il grigio.
Fatti e Curiosità su Cennino Cennini
Cennino Cennini rimane uno dei punti di riferimento per chi studia le tecniche pittoriche tradizionali e i pigmenti naturali. Il suo Libro dell’Arte non è solo un manuale di ricette, ma un vero e proprio documento storico che ci racconta la vita di bottega nel tardo Medioevo e la trasmissione di un sapere artigianale. Di seguito una selezione di fatti e curiosità, tutti supportati da fonti accademiche:
- Origine colligiana
Cennino Cennini nacque intorno al 1360 a Colle di Val d’Elsa, come attestano i registri comunali ancora conservati in archivio. Questo legame con una città famosa per le sue fornaci e le sue ceramiche influenzò la sua precoce familiarità con le terre coloranti. - Allievo di Agnolo Gaddi
Dopo un apprendistato nella bottega di Gaddo di Zanobi (padre di Agnolo), Cennini frequentò per oltre un decennio la scuola di Agnolo Gaddi a Firenze, erede diretto di Giotto, dove apprese le tecniche dell’affresco, della tempera e della doratura. - Al servizio dei Da Carrara a Padova
Tra il 1390 e il 1400 Cennini lavorò alla corte dei signori di Padova, Francesco e Ubertino da Carrara, contribuendo agli affreschi della Cappella Carrarese. Qui ebbe accesso a pigmenti preziosi importati via Venezia, come lapislazzuli e cinabro spagnolo. - Redazione del Libro dell’Arte
Il trattato, scritto tra il 1398 e il 1437, fu dedicato a un giovane allievo “per tramandargli i segreti dell’arte”. Ripercorre metodi e materiali, ed è stato stampato per la prima volta a Firenze nel 1821 da Niccolò Tommaso Toschi. - Manoscritti e prima edizione a stampa
Il testo originale si è trasmesso in un unico manoscritto conservato alla Biblioteca Medicea Laurenziana (Plut. 63 sup.). La prima stampa ottocentesca di Toschi ha poi reso il Libro accessibile agli studi moderni. - Moderno commentario di Lara Broecke
L’edizione Archetype (2015) a cura di Lara Broecke offre traduzione inglese, trascrizione italiana e ampio commento tecnico, diventando un punto di riferimento per restauratori e studiosi moderni. - Madonna con il Bambino tra Sante e Angeli
Nel 2017 un pannello a tempera su tavola attribuito a Cennino Cennini è stato venduto all’asta da Pandolfini per 91.172 USD, stabilendo un record per un’opera dell’artista. Pur essendo ora in collezione privata, questa tela rappresenta, accanto alla “Natività della Vergine” di Siena, uno dei rari dipinti a lui con ragionevole certezza attribuiti nel mercato moderno.
I Legami Con i Maestri Del Passato
Cennino Cennini non si poneva all’interno di un vuoto culturale, ma si inseriva in una lunga tradizione di studiosi che avevano posto le basi per la conoscenza dei colori naturali. Queste connessioni dimostrano come il Libro dell’Arte sia non solo un manuale artigianale ma anche un ponte vivo con le grandi fonti antiche, trasformando in procedure quattrocentesche l’eredità di chi, come Teofrasto, Plinio e Vitruvio, aveva aperto la strada alla scienza dei materiali e all’arte del colore.
Teofrasto: L’Osservatore Della Materia
Teofrasto, discepolo e successore di Aristotele, fu il primo a osservare le terre coloranti come entità naturali degne di studio sistematico. Nel De Lapidibus egli categorizzava ocra, malachite e cinabro in base al luogo d’estrazione, alla durezza e al comportamento all’umidità . Cennini riprende questo approccio geografico quando, per le sue ocra gialle e rosse, suggerisce di selezionare i depositi della Val d’Elsa o dell’Amiata perché la granulometria e le impurità naturali ne esaltino la lucentezza. Come Teofrasto, anche Cennini riconosce che il valore di un pigmento nasce dalla sua origine, traducendo questa eredità in istruzioni concrete per il laboratorio.
Plinio il Vecchio: l’Enciclopedico Dei Colori
Plinio il Vecchio dedicò interi capitoli della Naturalis Historia alla preparazione e agli usi dei pigmenti, in particolare del bianco di piombo (psímuthion) e del cinabro, di cui denunciava la tossicità in forma di polvere . Cennini, nelle sue ricette, non si limita a ripetere queste annotazioni, ma le approfondisce con consigli pratici: tempi di esposizione delle lastre di piombo ai vapori di aceto, modalità di lavaggio della biacca e precauzioni per lavorare il cinabro in sicurezza. In tal modo, onora l’impianto enciclopedico di Plinio fornendo allo stesso tempo soluzioni operative per i pittori.
Vitruvio: l’Architetto Dei leganti e Dei Colori
Vitruvio, nel Libro VII di De Architectura, sottolinea l’importanza delle terre coloranti negli intonaci, elencando ocra gialla e rossa fra i materiali capaci di riflettere la luce e di proteggere le superfici dalle intemperie . Cennini fa suo questo insegnamento quando raccomanda di provare l’ocra su campioni di intonaco e di utilizzare il latte di calce per la stesura, assicurando così coesione e traspirabilità. In questo passaggio dall’opera pubblica ai laboratori d’artista, Cennini conserva l’anima “edile” di Vitruvio, applicandone i principi alle superfici decorative interne ed esterne.
Conclusioni – Il Lascito di Cennino Cennini
Cennino Cennini ha saputo trasformare l’eredità antica – le osservazioni mineralogiche di Teofrasto, le ricette enciclopediche di Plinio e i consigli pratici di Vitruvio – in un manuale vivo, pensato per le botteghe medievali ma sorprendentemente proiettato verso il futuro. Il suo Libro dell’Arte non si limita a elencare colori e ingredienti: delinea un metodo che parte dalla scelta dei depositi locali, passa attraverso fasi di macinazione e pulizia rigorose, e arriva alla miscelazione con leganti naturali, garantendo tonalità brillanti, superfici traspiranti e strutture durature.
Oggi, mentre bioedilizia e restauro cercano soluzioni più ecocompatibili, le istruzioni di Cennini rivelano un sapere “a km 0”: terre e minerali estratti a poche decine di chilometri, preventivamente selezionati e lavorati senza solventi chimici, restituiscono superfici sane e rispettose dei cicli naturali. Riprendere queste pratiche significa ridurre l’impronta ambientale degli edifici, prevenire malattie da materiali tossici e celebrare la bellezza autentica dei pigmenti minerali.
Così come Teofrasto osservava ogni granello di ocra e Plinio misurava con cura le proporzioni delle terre naturali, Cennini ci insegna ancora oggi a guardare il colore non come semplice ornamento, ma come componente strutturale di un’architettura che respira e vive. Il suo lascito – una sintesi di scienza, artigianato e passione – rimane un modello imprescindibile per chi vuole costruire, dipingere e abitare in armonia con la Terra.
Sorgenti a Approfondimenti: britannica.com – noteaccess.com – artenet.it – artistante.com – comune.collevaldelsa.it – jstor.org – hekint.org – iiconservation.org – rest-art.biz