Il Blu di Prussia è stato il primo pigmento moderno, nato quasi per caso all’inizio del XVIII secolo. Con il suo caratteristico blu profondo, che talvolta vira al verde nelle velature sottili, ha aperto la strada alle sintesi di laboratorio, segnando il passaggio da una tavolozza esclusivamente naturale a una di infinite possibilità artificiali.
Storia e Origini Del Blu di Prussia
La scoperta avvenne a Berlino nel 1707, quando un allievo di Walther Colins mescolò ferrocianuro di potassio con solfato ferroso. Il precipitato iniziale, scuro e granuloso, veniva raccolto, lavato a lungo per eliminare i sali solubili, quindi asciugato e macinato fino a ottenere una polvere finissima (5–15 µm). Nei decenni successivi i chimici perfezionarono la resa controllando parametri di temperatura e pH, rendendo possibile la produzione su larga scala. Grazie alla facilità di sintesi e al costo contenuto, il Blu di Prussia divenne immediatamente accessibile, rispetto ai preziosi lapislazzuli.
Utilizzi Storici del Blu di Prussia
Artisti e stampatori accolsero con entusiasmo questo nuovo blu. In pittura su tela fu utilizzato da Delacroix e Turner per cieli e mari turbolenti: la sua profondità conferiva alle opere un realismo drammatico. In architettura e decorazione murale sostituì spesso l’azzurrite, diventando il blu delle chiese protestanti nel nord Europa. Nei primi manuali d’arte, il pigmento figura come “blu di ferro” destinato anche a carte da parati e tessuti, grazie alla sua stabilità alla luce e alla resistenza all’acqua.
L’Evoluzione del Blu di Prussia
Il Blu di Prussia non ha mai perso il suo fascino: pur affiancato oggi da pigmenti più luminosi, resta insostituibile quando si cerca un blu “quasi nero” dalle sfumature misteriose. È il simbolo di un’epoca in cui la chimica si fece arte, e il primo passo verso la miriade di tinte sintetiche che hanno rivoluzionato la pittura moderna.