Bengara – l’Ocra Rosso del Giappone

Il Bengara (弁柄), noto come “l’ocra rosso del Giappone”, è un pigmento di ossido di ferro (Fe₂O₃) impiegato fin dai periodi più antichi per vestire di un’intensa tonalità rosso-terra edifici sacri, porte torii, lacche e grandi pannelli murali. La straordinaria stabilità alla luce, all’umidità e agli agenti atmosferici ha reso il bengara uno dei pochi colori naturali capaci di mantenere inalterato il suo splendore per secoli, contribuendo a definire l’estetica del nihonga tradizionale così come l’aspetto dei villaggi rurali nei pressi di Kyoto o Nara.

Prodotto originariamente in Giappone sfruttando giacimenti locali di ossidi ferrici – e importato in parte fin dall’India bengalese, da cui deriva il nome – il bengara ha attraversato fasi di boom e di declino in base alle vie commerciali e alle preferenze estetiche: dalla sua consacrazione nei portali dei santuari shintoisti al largo impiego nelle massicce superfici esterne di templi e castelli fino all’uso raffinato nelle lacche urushi di corte. Questa versatilità tecnica e culturale lo ha reso protagonista sia delle manifatture artigianali giapponesi sia di scambi con l’architettura europea nel periodo Meiji.

Origine e Diffusione del Bengara

Nel cuore della regione di Bitchū Fukiya, sulle pendici delle colline di Takahashi (prefettura di Okayama), sorsero i primi laboratori artigiani del bengara. Qui, fin dal XVIII secolo, i minatori estraevano solfuro di ferro da giacimenti naturali localizzati in depositi alluvionali e scisti ferruginosi. Il materiale grezzo veniva accuratamente selezionato, poi sottoposto a una prima essiccazione al sole prima di entrare nei forni di cottura: in vasche di argilla il solfuro veniva ossidato a temperature moderate, trasformandosi in ossido di ferro rosso. Successivamente, il pigmento veniva macinato con mole in pietra e setacciato fino a ottenere una polvere finissima, pronta per essere miscelata con leganti vegetali o acqua di riso, a seconda dell’applicazione.

Villaggio di Fukiya Furusato

Villaggio di Fukiya Furusato – Culla del Rosso Bengara

Ben prima di approdare alle corti imperiali, il termine “bengara” evocava suggestioni esotiche: mutuato dal nome del Bengala, richiamava le importazioni di materie prime dall’India e i traffici marittimi che, via Cina e Corea, portarono in Giappone tecniche e know-how per la produzione di pigmenti. Con il susseguirsi delle innovazioni metallurgiche e delle arti ceramiche, l’ossido di ferro di Bitchū conquistò le coste meridionali di Honshū e le isole di Okinawa, integrandosi nelle tradizioni locali. Ancora oggi, percorrendo le antiche vie del Nihon-kai, si possono scorgere frammenti di torii e mura tinte di quel rosso millenario, testimonianza di un pigmento capace di plasmare l’identità visiva del Giappone. Ecco un elenco dei principali impieghi storici del rosso bengara in importanti monumenti, santuari e palazzi del Giappone, con la fonte al termine di ciascuna voce:

  • I torii di Fushimi Inari Taisha
    Il caratteristico vermiglio dei portali sacri è ottenuto miscelando ossido di ferro bengara a leganti vegetali, scelta non solo estetica ma funzionale, poiché conferisce al legno protezione da muffe, insetti e intemperie. 
  • Elementi architettonici del Phoenix Hall (Byōdōin, Uji)
    Nel celebre Amida-dō, i supporti lignei e alcune parti decorative esterne conservano tracce del rosso bengara, applicato già nel XII secolo per richiamare la purezza del “Paradiso occidentale” buddhista. 
  • Interni del Ninomaru Goten (Castello di Nijō, Kyoto)
    Le sale del palazzo, con le loro porte scorrevoli e travi lignee, furono impreziosite in epoca Edo da lacche rosse a base di bengara, che ne valorizzavano i motivi pittorici e ne aumentavano la durabilità. 
  • Pannelli dipinti della Scuola Kano
    Alcuni capolavori dei maestri Kano (es. Kano Tan’yu) recano nei dettagli architettonici e nelle uniformi dei cortigiani leggere velature di bengara, impiegato per le sue tonalità calde nei paraventi a più pannelli. 
Shuri Castle - Okinawa Giappone

Shuri Castle – Okinawa Giappone

Curiosità sul Rosso Bengara 

Presenza nei colori degli Ukiyo-e
Già nel periodo Edo venivano distinti due tipi di bengara per le stampe: il tetsu-tan bengara (ossido ferrico da ruggine) e il rouha-bengara (ossido da solfuro di ferro alterato). Entrambi comparivano soprattutto nei dettagli architettonici e negli abiti, sfruttando la stabilità cromatica per garantire l’intensità del rosso sulle carte di washi.

Il “rosso Fukiya” delle facciate storiche
Nel borgo di Fukiya (Takahashi, Okayama), le case affacciate sulla via principale conservano ancora oggi la loro caratteristica tinta rossa: il bengara veniva usato per proteggere il legno e valorizzare l’architettura, diventando parte integrante del paesaggio culturale locale.

Il tocco vermiglio delle machiya di Kyoto
Nelle tradizionali case-negozio (machiya) dei quartieri delle geisha, le ante a grata di legno e alcuni elementi di facciata venivano verniciati con miscele a base di bengara, per creare un contrasto elegante tra legno scuro e rosso intenso, simbolo di raffinatezza urbana.

Origine del nome e vie d’importazione
Il termine “bengara” deriva dal toponimo Bengal (India), indicativo delle rotte commerciali che, attraverso Cina e Corea, esportarono verso il Giappone sia materie prime che tecniche di ossidazione del ferro sin dall’antichità.

Esperimenti di produzione in epoca Edo
Studi moderni su documenti di fine Settecento dimostrano che i maestri artigiani utilizzavano processi di ossidazione controllata (600–800 °C), seguiti da decantazione e macinazione, per ottenere pigmenti dal grado di purezza e granulometria ottimali, come ricostruito da Kitano e Koezuka.

Il Bangara è un pigmento rosso che si adatta molto utilizzi

Il Bangara è un pigmento rosso molto stabile che si adatta a molto utilizzi

Il Rosso Universale: L’importanza dell’Ocra Rossa Nella Storia

Fin dalle prime pitture rupestri, l’ocra rossa ha rappresentato un ponte tra materia, arte e sacro, usata per decorare grotte e corpi in riti propiziatori. Nelle grandi civiltà mediterranee, dagli Egizi ai Romani, divenne simbolo di vita e rinascita, tingeva sarcofaghi e le pareti di ville e templi. In epoca medievale ogni regione vantava la propria “rocca rossa”: dalle ocre di Borgogna e Provenza, che hanno colorato affreschi e castelli, fino alle terre italiane ricche del famoso ocra rosso come il Piemonte e il Lazio. In Oriente, pigmenti analoghi sorsero già con la dinastia Han in Cina e in Giappone il bengara – l’ocra rosso del Paese – ha protetto e decorato torii, templi e manufatti in lacca per oltre mille anni. Ovunque presenti, queste terre di ferro hanno offerto non solo un colore duraturo e resistente, ma una vera e propria identità cromatica, capace di comunicare ritualità, status e continuità culturale.

Un’Eredità Scarlatta

L’ocra rossa, in ogni sua declinazione geografica, continua a infondere calore e profondità agli spazi che abitiamo e ai luoghi che veneriamo. Dal riparo delle caverne preistoriche ai templi del Sol Levante, dalle ville pompeiane ai castelli medievali, questo pigmento ha tracciato un filo rosso che unisce culture distanti nel tempo e nello spazio. Ancora oggi, lasciando scorgerne le tracce sui muri antichi o riscoprendone le tonalità nei restauri moderni, possiamo riconoscere in quell’intenso cromatismo la testimonianza di un desiderio umano universale: conferire bellezza e sacralità al mondo che ci circonda.

Bangara - L'Ocra Rosso Giapponese in Pigmenti

Bangara – L’Ocra Rosso Giapponese in Pigmenti