La storia del colore dell’antica India è riconducibile alle prime pitture rupestri di Mirzapur risalenti al 10.000 a.C circa ma la prima vera forma di pittura complessa si trova nelle Grotte di Ajanta, un complesso di monasteri buddisti attivo tra il II sec. a.C e il VII sec. d.C dove tutte le pareti sono decorate da rappresentazioni sacro-profane e dove la figura del Buddha è centrale. Sulle pareti di queste grotte scoperte solo all’inizio dell’800 è possibile avere uno spaccato della storia del colore e della pittura dell’antica India.
Oltre alle innumerevoli opere d’arte lasciate a testimonianza dell’antica arte, della storia del popolo indiano disponiamo di molta documentazione perchè questo popolo, proprio come faceva quello Romano in occidente, era solito raccogliere molti documenti e testimonianze di come venivano realizzare le loro opere più prestigiose.
L‘Arte Del Colore nell’Antica India
La storia dell’arte dell’antica India è un fenomeno che comprende un’area geografica vastissima ed un’arco temporale molto vasto che comincia dalla preistoria quindi all’interno di questa generalizzazione esistono tante piccole differenze e particolarità di cui non è giunta traccia o molto più spesso indichiamo come cultura indiana quella di piccole sottoculture della stessa area. Ma in generale è possibile dire che tutta l’arte dell’antica India, a differenza di quella occidentale che è stata fortemente caratterizzata da un’unica religione, è influenzata invece dalla coesistenza delle principali filosofie esistenziali come quella jainica, islamica, indù e buddhista e questo gli ha fornito una fortissima identità che l’ha caratterizzata nei secoli.

Grotte di Ajanta – V Secolo d.C
Si potrebbe dire che il concetto di colore per gli antichi indiani era una via di mezzo tra quello dell’antica grecia, molto filosofico e percettivo, a quello dell’antica roma, più pragmatico e tecnico ed infatti è possibile trovare grandi differenze cosi come grandi analogie con le correnti di pensiero occidentali.
Per certi aspetti la suddivisione dei colori realizzata dagli antichi Indiani è più precisa e attuale di quella che fecero gli antichi Romani. A dimostrazione della grande sensibilità al colore di questo antico popolo distingueva i colori tra Primari e Secondari, e tra quelli naturali e quelli artefatti vale a dire tra quei pigmenti che venivano utilizzati direttamente per come sono reperiti in natura rispetto a quelli artefatti che necessitano di alcune trasformazioni per diventare pigmenti o pitture coloranti.
I Leganti dell’Antica India

Dipinto Palazzo di Badal Mahal – XV Secolo
A differenza della maggior parte dell’arte decorativa occidentale che si è sviluppata sulla tecnica dell’affresco grazie anche ad una precoce scoperta della calce, nell’antico mondo indiano la tecnica dominante è invece quella della tempera e questo ha portato questo popolo antico più degli altri, a concentrarsi sull’importanza dei leganti da utilizzare insieme ai pigmenti naturali, operazione che invece non è necessaria nella tecnica dell’affresco.

Pitture Murale Palazzo Rangshala – XVI Secolo
Una caratteristica fondamentale che deve possedere un legante quando viene macinato con un pigmento naturale è la capacità di sostituirsi all’aria nei singoli canalicoli del pigmento in modo da renderlo “bagnato” e per questo l’operazione di macinazione aiutava anche ridurre il diametro dei canalicoli e facilitava l’agire del legante. Per questo gli antichi indiani più degli altri popoli dedicavano molte ore alla macinazione dei loro pigmenti, pratica che invece era piuttosto superflua quanto questi stessi colori veniva utilizzati invece nell’affresco.
I leganti più comuni per formulare le tempere erano di origine animale o vegetale è un paese dalla natura straordinariamente ricco come l’India abbondava e abbonda di questo genere di risorse e gli antichi artisti indiani dovevano solo saper scegliere la sostanza più idonea come legante scegliendo tra le infinite possibilità che la natura offriva. I leganti animali, vale a dire le colle ottenute da corna, zoccoli e pelli di vacche o capre erano tra quelli più impiegati anche se molto sensibili all’umidità e dunque spesso alla colla animale venivano aggiunte altri tipi di gomme estratte invece da alcune piante specifiche del territorio.
Ma è sopratutto dal mondo dei leganti vegetali che il popolo indiano porta grandi innovazioni e dispone di grandi conoscenze, scoprendo e classificando molte piante dalle caratteristiche ideali per essere adoperate come leganti per i pigmenti. Dal mondo vegetale questo antico popolo non solo preparava tantissimi leganti dalle qualità eccelse, ma venivano estratte anche sostanze usate come vere e proprie vernici protettive che venivano applicate sulle decorazioni per aumentarne la resistenza dei colori.
I Pigmenti Colorati dell’Antica India
I Pigmenti principali usati nell’antico mondo indiano non sono molto dissimili da quelli che nelle epoche parallele hanno utilizzato gli antichi greci e gli antichi romani. Questo era sicuramente dovuto ad un’interscambio culturale inevitabile tra grandi imperi che coesistono e come l’Impero Romano disponeva di una tale vastità territoriale cosi da potersi permettere i migliori pigmenti provenienti da luoghi distanti tra loro migliaia di chilometri, cosi anche l’impero indiano era solito importare pigmenti di alta qualità dal mondo orientale più vicino come dalla Cina e dal Nord Africa, fonte di terre d’ocra di primissima qualità. Andiamo quindi a vedere quali sono stati i principali pigmenti impiegati dagli antici Indiani per ottenere i colori principali:


I BIANCHI
FONTI PRINCIPALI: Argilla, Marmo, Gesso, Conchiglie, Gusci
Nella cultura del colore dell’antica India il bianco ha un’importanza primaria non solo come colore in sè ma come tinta di fondo ed i metodi per ottenerli erano quelli classici conosciuti fin dall’antichità sia nel mondo occidentale che in quello orientale. Dall’argilla bianca alle rocce calcaree fino ad arrivare alle conchiglie e ai gusci, il bianco veniva realizzato sempre con metodi naturali e in tutta la pittura indiana non si trova traccia di quel bianco di piombo ottenuto con la cerussite di cui invece si faceva un larghissimo utilizzo nella decorazione di quasi tutti i popoli antichi.


I NERI
FONTI PRINCIPALI: Carbone, Pirolusite, Ferro, Grafite
Per la creazione del nero i pigmenti utilizzati dagli antichi Indiani erano principalmente due. L’ardesia di cui facevano parte tutti i minerali scuri come la grafite o il ferro nero che venivano estratti e macinati con il metodo classico già conosciuto da millenni e che è rimasto lo stesso durante tutto il corso dell’impero indiano. Il secondo ed anche il più diffuso era il nero fumo, il più antico di tutti i pigmenti neri che si ottiene dalla combustione del legno di conifera oppure dagli scarti vegetali e animali carbonizzati.


I ROSSI
FONTI PRINCIPALI: Terra Ocra Rossa, Cinabro, Minio
Come in tutte le più grandi civiltà antiche, anche quella Indiana ha utilizzato la terra d’ocra rossa come pigmento principale per ottenere il rosso. Il sud dell’India possiede grandi quantità di terra d’ocra di altissima qualità e questo popolo l’ha conosciuta fin da suoi albori e utilizzata spesso dopo essere stata ripetutamente lavata in acqua dolce e macinato per un’intera giornata. Nella ricerca di un rosso più vivace che non è possibile raggiungere con la terra d’ocra, il Cinabro e il Minio, due minerali che macinati regalano un pigmento rosso dal tono molto vivace, diventando ben presto la prima scelta degli artisti indiani che ricercavano maggiore brillantezza nel colore.


I GIALLI
FONTI PRINCIPALI: Terra Ocra Gialla, Orpimento, Zafferano, Curcuma
Proprio come accade con il rosso, anche per creare il giallo l’antico popolo indiano aveva la fortuna di disporre sul proprio territorio di una terra d’ocra gialla di altissima qualità che fu ampiamente impiegata per realizzare il giallo. Anche la curcuma e lo zafferano simboli di questa terra e cultura, seppur in modo limitato, hanno svolto la funzione di coloranti gialli per tinture o per intonaci. E’ presente anche l’orpimento come pigmento giallo ma il suo utilizzo si è dimostrato piuttosto limitato specialmente a confronto con il grande consumo che se ne faceva nell’arte occidentale antica.


I BLU
FONTI PRINCIPALI: Lapislazzuli, Indaco
La storia dei pigmenti per ottenere il blu nell’antica India non porta nessuna grande novità nella creazione di questo colore, come invece avvenne ad esempio con gli Egizi e i Maya. L’Indaco, che gli antici chiamavano anche “colore fior di loto azzurro, era sicuramente il pigmento più amato e diffuso per la creazione del blu. Anche il lapislazzuli, celebre minerale dal colore blu accesso che abbiamo visto utilizzato in tutte le civiltà antiche, è presente nell’arte Indiana e questo pigmento era spesso lo stesso usato dagli antici Egizi e Romani, cioè quello proveniente dall’Afghanistan. L’azzurrite invece, altro minerale anch’esso presente nella storia del colore di tutti i popoli antichi, è del tutto assente nell’arte dell’antica India.


I VERDI
FONTI PRINCIPALI: Terra Verde
Discussione aperta tra gli antichi pensatori indiani tra quelli che lo consideravano un colore primario e quelli che lo consideravano solo un derivato, anche per la creazione del verde gli antichi indiani tennero per tutta la durata della loro storia un singolo pigmento principale, quello della terra verde, senza ricercare grandi innovazione senza mutuare tecnica molto diffuse in altre parti del mondo per ottenere pigmenti verdi, come quello antichissimo e molto conosciuto di ottenerlo dal rame. Anche il verde realizzato con la malachite, diffusissimo in molti popoli confinanti con l’India, non ha mai preso piede e sostituito l’uso della terra verde naturale che specialmente in quelle zone era di qualità eccellente.
I Pigmenti Metallici


FONTI PRINCIPALI: Oro, Argento, Rame
E’ noto che l’antico popolo indiano faceva ampio uso dei metalli preziosi per creare dei pigmenti che dessero un’effetto metallizzante alle pitture. Il più noto era quello della polvere d’oro di cui sono giunte a noi diverse testimonianze sia sull’impiego e che sul metodo di preparazione di questo prezioso pigmento. Piccole scaglie d’oro venivano impastate con acqua e sabbia per essere macinate a pietra e in seguito setacciata con lo stile dei cercatori d’oro fluviali per separare la sabbia dalla polvere aurea. Ovviamene questo era un processo estremamente costoso e dunque non veniva mai utilizzato nelle pitture murali ma solo in piccole opere di prestigio come miniature o dipinti da cavalletto.
Artigiani e Artisti dell’Antica India
L’arte dell’antica India appare molto diversa ai nostri occhi sopratutto sotto l’aspetto del colore. La pittura indiana si presenta a noi più piatta e con ombre imprecise e questo dipende sia dal nostro modo di concepire l’arte come occidentali, sia dalla tradizione indiana che ha invece un modo totalmente diverso di interpretare simboli e convenzioni. Cosi la grande differenza che salta all’occhio è quella della diversa interpretazione delle luci proprio perchè piuttosto che ricercare la profondità con le ombre della pittura indiana antica si cerca di ottenere questo effetto per contrasto tra le parti chiare e le parti scure. Nonostante le grandi differenze culturali tra l’antico popolo Indiano e gli antichi popoli occidentali, le più grandi similitudini le abbiamo trovate nell’utilizzo dei pigmenti per creare i proprio colori. Cosi come fu per i più grandi imperi del passato come l’antico Egitto e l’antica Roma, anche l’antico popolo indiano fa un vasto uso di terre naturali come la terra d’ocra gialla, la terra d’ocra rossa e la terra verde dimostrando ancora una volta quanto questi pigmenti naturali abbiano giocato un ruolo fondamentale della storia dell’arte dell’uomo in ogni angolo del mondo.
Per chi volesse approfondire questi argomenti consigliamo la lettura del bellissimo libro di Luciano Colombo “I Colori Degli Antichi” edito per Nardini Editore (1995)